Gli islamici che vivono con la carità cristiana
Ecco gli effetti del buonismo clericale e della politica dell'accoglienza a tutti i costi (non vi ricordate un noto presidente della Repubblica che sui teleschermi continuava martellante a ripetere che abbiamo bisogno di queste persone?): donne musulmane che urlano e offendono in chiesa, dissacrando il luogo.
Un solo pensiero passa per la mente di chi sta pubblicando la notizia: quanti esuli cristiani iracheni, palestinesi e del Medio Oriente in generale stanno vivendo grazie agli aiuti delle moschee? Chi ne fosse informato è pregato di scriverci. Grazie
n. 173 del 2007-07-24
Gli islamici che vivono con la carità cristiana
di Maria Giovanna Maglie
Sono una decina le famiglie di immigrati maghrebini che arrivano in chiesa. Sono frequentatori abituali. Le donne velate si siedono accanto alle donne del posto, ma gli sguardi non sono di fratellanza, c'è profonda tensione. Arrivano con i carrelli, quelli della spesa, per riempirli. Qualche bambino in braccio. Dopo la messa, inizia la distribuzione a ogni famiglia che è già conosciuta, della quale si è verificato lo stato di indigenza, e che ha diritto a ricevere un pacco alimentare. I pacchi sono uguali per tutti, ovviamente, ma lo scontro scoppia subito. E ogni volta la stessa storia, mi spiegano.
I LITIGI
Una donna marocchina a turno grida che nel suo pacco ci hanno messo meno roba che alle cattoliche, che si fa distinzione e razzismo perché sono musulmane. Gridano in chiesa, offendono, insultano, minacciano. Una delle volontarie risponde brusca: Se non ti va bene, vai alla moschea e vedi se lì ti aiutano come qui. Come per un segnale di rivolta, le donne romane le cacciano a male parole, urlano più di loro, vattene in moschea! Nessun problema, rassicura il vice parroco, succede quasi ogni volta, ma ogni volta tornano. Vogliono i prodotti con la margarina, e non con il burro, ma a Natale il panettone e il pandoro se lo prendono ugualmente. A volte alcune donne non vengono più mandate dai mariti, arrivano invece i nonni, vecchietti spediti a messa e che tornano con un carrello pieno di alimenti, coperte, vestiti e medicine. Alcune donne continuano ad arrivare, si confidano con il parroco, con le dame, e inizia un lento, ma continuo processo di avvicinamento, chiedono aiuto per l'affitto, per il medico. Non urlano, non gridano, non insultano più. Nessuna manda i figli al doposcuola, né ai centri estivi, ma sono stanziali, si fidano, qualcosa le ha cambiate.
Qualche tempo fa, mi raccontano i miei accompagnatori, a Letizia Giovanelli, che dirige le volontarie, si avvicina una bambina, Jashmine, meglio non dire il cognome, ha 10 anni, abitava al X ponte, in occupazione, oggi abbattuto. Le chiede in un italiano perfetto: «Ma è lei che dà i pacchi per chi ha poco? Venga da noi». La Giovanelli va a visitarli in casa. Dormivano in dieci in due camere, i materassi per terra, un bagno per tutte le famiglie occupanti. Ora la bambina va a scuola, ha frequentato perfino un centro estivo della parrocchia, e la madre ha trovato lavoro. Qui non si fa differenza fra poveri cristiani e poveri musulmani. Senza pietismi, senza sensi di colpa. Che ne sa il ministro Giuliano Amato, che accusa i cattolici di ostilità, che ne sa il ministro Paolo Ferrero, che dà i soldi ai fondamentalisti delle moschee, delle realtà piccole concrete e simboliche dove la nostra nazione non è in svendita?
IL QUARTIERE
Laurentino 38 è un quartiere di Roma Sud con 30.000 abitanti, il dieci per cento dei quali ha un reddito inferiore ai 6.000 euro l'anno. È il maggior quartiere popolare di Roma, uno dei più difficili. La manutenzione è sempre stata scarsa, molte famiglie non hanno mai pagato l’affitto. Ci arrivo in compagnia di Stefano Palumbo, direttore della Fondazione dedicata alla memoria di Nando Peretti, storico fondatore dell'Api, e che finanzia un programma di aiuti e assistenza che ha scelto come nucleo centrale la parrocchia. Già questa è una notizia. Un tempo i poveri si rivolgevano alla parrocchia. E al parroco i più fortunati affidavano offerte che sarebbero servite per aiutare nel silenzio le persone in difficoltà.
LA PARROCCHIA
Era la parrocchia il centro di riferimento, era il parroco il più informato. Ma oggi la parrocchia di periferia non gode oggettivamente più di questo ruolo. Palumbo, che conosce altre parrocchie aiutate dalla Fondazione, ha un'opinione precisa: «I parroci figli del Concilio non sono a volte all'altezza dei problemi che incontrano, e ancor più spesso essendo stranieri di Paesi del Terzo mondo non parlano italiano, non incarnano la fiducia dei locali, e così si svilisce un patrimonio enorme. Ma c'è anche una scelta politica, perfino ideologica. Al parroco non si fa più beneficenza, a lui non si deve più far riferimento. La parrocchia, l'oratorio, la colonia estiva devono svuotarsi, e sostituirsi con i centri sociali, o la strada. È uno dei modi per attaccare famiglia, chiesa, valori cattolici, fede».
Al Laurentino 38 spesso i figli «abbandonati» in strada vengono coinvolti nel mondo della droga, sia come tossicodipendenti che come spacciatori. Le tentazioni di guadagni facili nati da frequentazioni pericolose portano intere famiglie a dover affrontare oltre al disagio economico anche tutti i problemi scaturiti dal degrado: il dramma di un figlio in carcere per furto o rapina, o indebitato nel racket della droga e della prostituzione.
DAME DELL’ORDINE DI MALTA
Le Dame dell'Ordine di Malta, nel 1998 si sono avventurate, sole, e tutte donne, nel quartiere per esplorarne i disagi e le esigenze materiali. La missione era stata ordinata dall'allora Gran Priore di Roma dell'ordine Fra Franz von Lobstein. Poi arriva la Fondazione Peretti. Nel 2000 le famiglie assistite diventano 10, oggi siamo a 140, parliamo di circa 600 persone. Va regolarmente a trovarle in parrocchia il presidente della Fondazione, Elsa Peretti, figlia di Nando, icona dell'arte del 900, la stilista numero 1 di Tiffany. Ha vissuto nel mondo, ma la Fondazione l'ha fatta qui in Italia.
«In sette anni - racconta Stefano Palumbo - sono 15 i nuclei familiari locali che possiamo dire essere completamente usciti da uno stato di indigenza grave, e possono camminare con le proprie gambe. Poche? Tutto è relativo. Il niente è peggio. E il niente era l'alternativa. Inizialmente si trattava unicamente di un'assistenza alimentare. Già perché alle spalle delle ville dell'Eur, proprio dietro l'angolo, in quel quartiere non c'è da mangiare, non ci sono soldi per fare la spesa, e semplicemente non si mangia. I bambini hanno fame. Pensa un po' proprio come in Burkina Faso, dove ci si spertica per adottare pietose famiglie malnutrite, ecco anche dietro quell'angolo dell'Eur esiste la malnutrizione.
In Africa alternative non ne hai, al Laurentino ce ne sono molte, lo spaccio, il furto, la prostituzione, meglio se minorile, la vendita illegale dell'occupazione dei ponti, ci si vende l'occupazione insomma delle baracche fetide, e così via. Dov'è l'assistente sociale municipale? Che sia un caso che si facciano vedere solo sotto elezioni? E poi che progetto è un progetto che dà da mangiare ai romani, passando attraverso una parrocchia? Non fa notizia, non è politically correct».
La parrocchia del Laurentino 38 si chiama San Mauro Abate ed è in via Sapori, in mezzo ai ponti. Il parroco è malato e ha delegato tutto al vice parroco, padre Javier Perez. È giovane, sudamericano, anche lui con un passato di povertà, trapiantato in una realtà diversa, difficile, estranea. Il percorso è stato lungo, ma inesorabilmente vincente.
A coordinare il progetto, c'è un nome importante. Si chiama Letizia Giovanelli, moglie del Principe Alberto.
IL LAVORO DEI VOLONTARI
Al suo fianco 14 volontari, ed un'amica insostituibile, Altea Altemps Duchessa di Gallese. Due volte al mese fanno 150 pacchi alimentari. Ma vale molto di più. Le famiglie si rivolgono ora principalmente al parroco del quartiere per segnalare le proprie difficoltà economiche e il rapporto di totale fiducia che si è instaurato negli anni fra il parroco e le volontarie ha portato a interventi speciali, nei casi di gravi indebitamenti con le utenze di prima necessità, le volontarie provvedono al pagamento di alcune bollette (riscaldamento, elettricità, gas), per migliorare le condizioni di vita di alcune famiglie. Lo stesso vale per i malati che non sempre riescono a pagare i medicinali e le visite specializzate a cui devono sottoporsi. E per i funerali di quelli che non hanno neanche i soldi per quattro assi di legno. Da due anni le volontarie organizzano un centro estivo per i ragazzi dai 3 ai 12 anni e dei viaggi studio per ragazzi dai 13 ai 23 anni. Il centro estivo ha la funzione di occupare nel periodo di luglio e agosto i ragazzi del quartiere in attività all'interno dell'Oratorio.
IL PACCO ALIMENTARE
Chiedo com'è composto il pacco. Pasta corta 1 chilo, spaghetti 1 chilo, riso 1 chilo, una scatola di dadi, una scatola di pomodoro 500 gr., 1 litro di olio, 1 litro di latte, 250 di caffè, 1 chilo di zucchero, tonno, carne in scatola, una scatola di piselli, una di fagioli, una di lenticchie, 1 chilo di biscotti, marmellata, Nutella, a volte formaggi e mortadella. Nel mese di luglio e agosto viene organizzato anche quest'anno il «Centro estivo» nei locali e negli spazi della Parrocchia di S. Mauro Abate: assistendo con il pagamento totale o parziale della retta circa 40 ragazzi a turno. L'anno scorso sono stati assistiti 75 ragazzi. I ragazzi più grandi aiutati dalle volontarie del Gruppo Laurentino 38, dopo 2 anni di tirocinio fatto con la Cooperativa «Vivere insieme» sono in grado di gestire da soli il Centro. Gli stessi ragazzi seguono in inverno i più giovani per il teatro e dopo scuola che come tutti gli anni verrà organizzato con varie attività. I ragazzi che organizzano il doposcuola vengono retribuiti con una piccola cifra, 120 euro circa alla settimana. A molti di loro questo permette il fare il viaggio di studio organizzato dalla Parrocchia ogni anno. A Natale e di Pasqua, le volontarie del Gruppo Laurentino 38 dell'ordine di Malta organizzano una distribuzione più sostanziosa, con alcuni regali che normalmente non sono contenuti nei pacchi alimentari quindicinali: pigiami, tute, biancheria.
Maria Giovanna Maglie
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