Reimpariamo la Messa in latino per salvare la Chiesa dall'afasia
Tempi num.28 del 12/07/2007
Editoriali
Reimpariamo la Messa in latino per salvare la Chiesa dall'afasia
la scelta di benedetto xvi
di Tempi
Il Motu proprio con cui benedetto XVI ha restitutito al popolo cattolico la libertà di celebrare la Messa secondo il rito latino è un vero e proprio appuntamento con la libertà. Una libertà che gli alfieri del Concilio formato bonsai, cioè ridotto alle interpretazioni che del Vaticano II hanno dato per decenni le mosche cocchiere del clericalismo in salsa progressista, tengono come il fumo negli occhi. In effetti qualche vocina chioccia di preti e intellettuali al clergyman l'avete sentita arringare dalle pagine dei giornali ultrasecolaristi. «È una disposizione dallo spirito anticonciliare». «Si rischia un ritorno al passato». I quacquaraquà che da un buon trentennio lavorano a ridurre la Chiesa a un reperto museale non sono per niente felici di questa offensiva liberatoria di papa Ratzinger. Il Papa che nel suo primo biennio rivoluzionario ha messo le ali al logos e la pietra tombale al kitsch. Come ha ben detto Vittorio Messori, i cattolici possono solo dire "grazie". Ci vorrà tempo perché la bellezza della liturgia latina sia di nuovo frequentata e ricompresa da un popolo condannato all'afasia e, talora, al cilicio cafone di riti in versione curia pacifista e stupidità politico corretta. Per trent'anni non si è parlato d'altro che di cosiddetto "dialogo" intra ed extra ecclesiale. E al fine di realizzare questo cosiddetto "dialogo" si sono riempite le curie di colletti bianchi auto-occupati a redarre piani pastorali marziani e convegni ecclesiali intergalattici. Ecco, finalmente, con la possibilità di tornare a celebrare, a studiare e, chissà, magari anche un po' a comunicare in latino, c'è il rischio che la Chiesa ritrovi sul serio il gusto e la forza del dialogo. Una koiné linguistica è infatti il primo strumento per dialogare. Che si sia cani perduti senza collare sulle montagne di Guardiagrele, Abruzzo, Italia, o si viva nei deserti di Phoenix, Arizona, Usa, piuttosto che a Kerala, Tamil Nadu, India.
Editoriali
Reimpariamo la Messa in latino per salvare la Chiesa dall'afasia
la scelta di benedetto xvi
di Tempi
Il Motu proprio con cui benedetto XVI ha restitutito al popolo cattolico la libertà di celebrare la Messa secondo il rito latino è un vero e proprio appuntamento con la libertà. Una libertà che gli alfieri del Concilio formato bonsai, cioè ridotto alle interpretazioni che del Vaticano II hanno dato per decenni le mosche cocchiere del clericalismo in salsa progressista, tengono come il fumo negli occhi. In effetti qualche vocina chioccia di preti e intellettuali al clergyman l'avete sentita arringare dalle pagine dei giornali ultrasecolaristi. «È una disposizione dallo spirito anticonciliare». «Si rischia un ritorno al passato». I quacquaraquà che da un buon trentennio lavorano a ridurre la Chiesa a un reperto museale non sono per niente felici di questa offensiva liberatoria di papa Ratzinger. Il Papa che nel suo primo biennio rivoluzionario ha messo le ali al logos e la pietra tombale al kitsch. Come ha ben detto Vittorio Messori, i cattolici possono solo dire "grazie". Ci vorrà tempo perché la bellezza della liturgia latina sia di nuovo frequentata e ricompresa da un popolo condannato all'afasia e, talora, al cilicio cafone di riti in versione curia pacifista e stupidità politico corretta. Per trent'anni non si è parlato d'altro che di cosiddetto "dialogo" intra ed extra ecclesiale. E al fine di realizzare questo cosiddetto "dialogo" si sono riempite le curie di colletti bianchi auto-occupati a redarre piani pastorali marziani e convegni ecclesiali intergalattici. Ecco, finalmente, con la possibilità di tornare a celebrare, a studiare e, chissà, magari anche un po' a comunicare in latino, c'è il rischio che la Chiesa ritrovi sul serio il gusto e la forza del dialogo. Una koiné linguistica è infatti il primo strumento per dialogare. Che si sia cani perduti senza collare sulle montagne di Guardiagrele, Abruzzo, Italia, o si viva nei deserti di Phoenix, Arizona, Usa, piuttosto che a Kerala, Tamil Nadu, India.
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