sabato 30 giugno 2007

"Hai difeso Hina", aggredita a Milano leader marocchina

Proprio il 29-6-07 pubblicavamo il commento che potrete trovare al seguente indirizzo
Fummo fin troppo facili profeti.
Ora le minacce.
Ribadiamo che ci piacerebbe conoscere da oggi in avanti (con relativa trascrizione italiana e registrazione dal vivo) gli insegnamenti al rispetto che l'imam responsabile delle dichiarazioni sull'ignoranza dei genitori di Hina, impartirà ai suo fedeli.

"Dai frutti li riconoscerete..." è scritto nei Vangeli.

Ben diverso l'atteggiamento di Cristo di fronte all'adultera che i farisei (come gli islamici) volevano lapidare.

n. 153 del 2007-06-30 pagina 8

"Hai difeso Hina", aggredita
a Milano leader marocchina

di Enrico Lagattolla

Dounia Ettaib spintonata e insultata da due connazionali per aver partecipato alla manifestazione in memoria della giovane pachistana uccisa. L’episodio nei pressi della moschea di viale Jenner. Per lei accuse e minacce: "Non parlare più dell’islam. Attenta, la bellezza non dura a lungo". La Santanchè: ci hanno lasciate sole

Milano - Aggredita alle spalle. Strattonata e minacciata. Dounia Ettaib, vicepresidente lombarda dell’«Associazione donne marocchine in Italia», è vittima di due suoi connazionali. A lei, che al processo per la morte di Hina Saleem ha deciso di mettere la faccia per denunciare l’estremismo islamico, hanno detto di stare «attenta alla bellezza». E glielo hanno detto stringendole il viso tra le mani.
Dounia racconta al Giornale che «era passata da poco l’una, stavo tornando a casa. Dietro di me, due persone mi hanno chiamata per nome». Un’aggressione mirata in viale Jenner, a poche centinaia di metri da una delle principali - e più controverse - moschee milanesi. «In due, uno alto e uno basso. Il primo mi ha insultata dicendo che non devo parlare per conto della comunità, l’altro mi ha spintonata contro il muro dicendomi di stare attenta alla mia bellezza». Non sa chi siano, Dounia, ma i due la conoscono.
L’hanno vista davanti al tribunale di Brescia, assieme ad altre duecento donne sotto lo striscione «Io sono Hina», mentre nel palazzo di giustizia si celebrava l’udienza preliminare per l’omicidio di Hina Saleem, la ragazza pachistana di 20 anni uccisa nell’agosto scorso dal padre (reo confesso) e per il cui delitto sono imputati anche altri tre familiari. Un omicidio maturato dopo il «consiglio di famiglia», durante il quale fu condannata per i suoi costumi troppo «occidentali». Proprio giovedì, l’Acmid - che è impegnata per l’integrazione delle donne straniere in Italia, per i diritti delle musulmane e «per rompere l’omertà che sorregge il patriarcato» - aveva chiesto di costituirsi parte civile nel processo che si celebra con rito abbreviato. Richiesta respinta dal giudice per le udienze preliminari Silvia Milesi. Ma Dounia si è esposta in prima persona. Per qualcuno, troppo.
Se la «colpa» di Hina è stata quella di voler essere una ragazza normale, quella di Dounia è stata voler farne una battaglia politica. Perché «il silenzio ci trasforma in complici dei suoi assassini». E infatti «mi hanno detto che non devo difendere la pachistana - continua nel racconto -, che devo smetterla di parlare di islamismo, che sono una prostituta proprio come Hina, e alla fine, mettendomi le mani sulla faccia, uno dei due ha detto che la bellezza non dura a lungo».
Fin troppo esplicita, la minaccia. «Ero terrorizzata, e lo sono ancora». Eppure, l’intimidazione è fallita. Perché Dounia sa che denunciare l’intolleranza può essere pericoloso. «Chi sceglie questa strada - spiega - deve mettere in conto di rischiare». E così è stato. «Abbiamo rischiato fino ad adesso: le quasi trecento donne musulmane che si sono trovate davanti al tribunale di Brescia e arrivate da Milano, Roma e Torino ne sono la prova».
E questa aggressione - su cui ora indaga la Digos di Milano - è la conseguenza. «Perché noi abbiamo sempre giocato in prima linea. Ma, è certo, continueremo a farlo. Non sarà questo episodio a fermare l’attività della nostra associazione».


Comunicato stampa - Articolo Repubblica del 29-6-07


COMUNICATO STAMPA

Apprendiamo oggi dalle vostre pagine che la nostra Lega Antidiffamazione Cristiana sarebbe una associazione cattolica radicale.
Ci dissociamo apertamente da tale descrizione e sottolineiamo che lo spirito della Lega è animato dal riconoscimento dei valori Cristiani come fondamento primario della nostra civiltà , nella peraltro totale mancanza di qualsiasi discriminazione nei confronti delle fedi non cristiane e nella assoluta liberalità dei rapporti tra le persone.
La stessa liberalità che ci spinge a dotare tutti i cittadini Bolognesi di un fondamentale strumento di espressione delle proprie idee quale è il referendum, riguardo ad una iniziativa tanto deprecabile quale è l’accordo tra il Comune e il centro islamico affiliato all’ Ucoii per la costruzione di una nuova moschea in città.


Lega Antidiffamazione Cristiana

venerdì 29 giugno 2007

Convocazione di Conferenza Stampa.

Convocazione di Conferenza Stampa.

Lunedì prossimo, 2 luglio 2007, alle 11.30, presso la sede del Comitato Promotore del Referendum sulla nuova moschea, in Galleria Falcone e Borsellino 3/C, a Bologna, si terrà la Conferenza Stampa di presentazione del quesito referendario depositato in Comune dalla Lega Antidiffamazione Cristiana, lo scorso 28 giugno.

Sarà presente l’On. leghista Gianluca Pini, in qualità di Segretario della Lega Antidiffamazione Cristiana, insieme ad altri esponenti del Comitato Promotore.

Prenderà parte alla Conferenza Stampa anche Manes Bernardini, Segretario Provinciale del Carroccio, e dunque in rappresentanza della Lega Nord di Bologna, che appoggia l’iniziativa referendaria.

Bologna, 29 giugno 2007

Video Serata presentazione del 14-6-07

Prima parte



Seconda parte




Terza parte



Quarta parte - 1



Quarta parte - 2



Quinta parte - 1




Quinta parte - 2



Sesta parte



Settima parte



Ottava parte




Nona parte




Decima parte


A rischio estinzione

Tempi num.25 del 21/06/2007

Esteri


A rischio estinzione


Le bombe, le minacce, le tasse, l'applicazione arbitraria della giustizia. In Oriente la mezzaluna usa tutti i mezzi pur di sbarazzarsi della croce

di Casadei Rodolfo

Magdi Allam l'ha detto, con la consueta efficacia, coi numeri: un tempo numerosi in tutti i paesi del Medio Oriente, i cristiani si sono ridotti ad appena 12 milioni, il 6 per cento circa della popolazione. Dieci milioni sono emigrati in Europa o America da dopo la Prima guerra mondiale a oggi. In Egitto i copti, che rappresentavano il 15-20 per cento della popolazione all'inizio dello scorso secolo, oggi sono soltanto circa il 6 per cento, in Libano i cristiani sono scesi dal 55 al 30 per cento negli ultimi 75 anni, nei Territori palestinesi sono scesi dal 20 per cento del 1948 al 5 circa di oggi. Per non parlare di Sudan, Turchia, e dell'Oriente in genere, dove è diventato molto difficile esser cristiani in paesi a maggioranza musulmana come Pakistan (articolo alle pp. 26-28), Indonesia e Malaysia, ma anche in un paese a maggioranza indù come l'India.
In questo stesso momento in vari Stati asiatici fervono azioni e iniziative per espellere i cristiani dai luoghi in cui hanno sempre vissuto o per rendere loro la vita talmente difficile da indurli ad abbandonare la loro fede e da dissuadere chiunque provi la tentazione di farsi cristiano.
In testa alla lista della persecuzione attiva contro i cristiani in questo momento c'è l'Iraq, dove milizie islamiche estremiste sia sunnite che sciite e terroristi di al Qaeda condividono di fatto l'obiettivo di cancellare la presenza cristiana nel paese. Nell'agosto 2004, dopo la prima ondata di attentati dalla fine del regime di Saddam Hussein che colpì quattro chiese a Baghdad e una a Mosul uccidendo 11 persone, il Comitato di pianificazione e attuazione in Iraq rivendicò gli attacchi con un comunicato in cui si leggeva fra l'altro: «Dio misericordioso ci ha permesso di infliggere dolorosi colpi alle loro tane, tane di malvagità, corruzione e proselitismo cristiano. Mentre ci assumiamo la responsabilità degli attentati, diciamo a voi gente della croce: tornate in voi stessi e sappiate che i soldati di Dio sono pronti ad affrontarvi. Avete voluto una crociata e questi sono i risultati». Poco importa che il patriarca caldeo di Baghdad Delly abbia a più riprese condannato l'intervento americano in Iraq nel 2003: agli estremisti serviva soltanto un pretesto e un contesto adatto per perseguire l'ideale di purificazione islamica dell'Iraq. Infatti hanno emesso una serie di fatwe che nulla hanno a che fare con la "resistenza all'occupazione", ma molto col progetto di cancellare la presenza cristiana: proibizione della produzione e vendita di alcolici (permessa ai cristiani sotto il regime baathista), obbligo di indossare il velo anche per le donne cristiane, pagamento della jizya (la tassa di sottomissione che il Corano chiede di far versare agli ebrei e ai cristiani, non più praticata dagli Stati musulmani odierni), divieto di portare la croce al collo e compiere rituali religiosi cristiani, rimozione delle croci esterne dagli edifici ecclesiastici.

E le istituzioni chiudono gli occhi
Nel quartiere di Dora a Baghdad (il più popolato di cristiani in Iraq prima dei recenti avvenimenti) già varie chiese non presentano più la croce, o perché rimossa da militanti islamisti, o perché gli stessi cristiani hanno deciso di rimuoverla là dove non c'è più un parroco. Alla chiesa dei Santi Pietro e Paolo la croce resiste nonostante le minacce: «Togliete la croce dalla chiesa o la daremo alle fiamme». L'agenzia AsiaNews scrive che «la persecuzione è portata avanti con un piano ben studiato, quartiere per quartiere. Dopo Dora, al Baya'a, al Thurat e al Saydia, è la volta di al Habibia e al Baladiyat. Qui gruppi dello "Stato islamico in Iraq" hanno cominciato ad affiggere manifesti che intimano alle donne di indossare il velo e volantini con cui si impone ai cristiani l'esosa imposta di protezione. "Usano la stessa tecnica per ogni quartiere - raccontano gli abitanti - tra poco inizieranno a venire casa per casa e a sequestrare i nostri averi"». Secondo la tedesca Società per i popoli minacciati, i cristiani caldei e siri assassinati a motivo della loro identità religiosa (distinti dalle vittime del terrorismo indiscriminato) sarebbero 300, e comprenderebbero negozianti di alcolici e audiovisivi, uomini politici, suore e sacerdoti.
Un panorama un po' diverso prevale in Indonesia, paese in cui vivono 180 milioni di musulmani e 22 milioni di cristiani. La cronaca recente racconta dell'ennesima chiesa (protestante) data alle fiamme nei pressi di Bandung nell'isola di Giava da una folla di persone che scandivano: "Allah è grande". In Indonesia la libertà religiosa esiste in teoria, ma nella pratica gruppi musulmani estremisti e autorità conniventi miscelano intimidazione e ricorso arbitrario alla legge per impedire in ogni modo che l'adesione al cristianesimo si espanda. In questo modo nella regione occidentale di Giava fra il settembre 2004 e oggi sono state costrette alla chiusura 300 chiese. Nell'ultimo caso gli assalitori si sono dichiarati militanti del Movimento di alleanza anti-apostata (Agap la sigla locale) e hanno giustificato la loro azione dicendo che la chiesa non aveva le autorizzazioni necessarie per svolgere le sue funzioni. La chiesa in realtà era autorizzata già da 7 anni, ma è vero che il ministero per gli Affari religiosi ha emesso un decreto in base a cui un luogo di culto può essere approvato solo se c'è la richiesta di 90 fedeli e l'autorizzazione da parte di altri 60 residenti. Chiaro che così di nuove chiese se ne costruiranno sempre poche, mentre le nuove moschee avranno vita facile.

Lasciare Maometto? Impossibile
L'uso fazioso del diritto in funzione anticristiana è diffuso anche in un paese apparentemente integrato come la Malaysia. Ha fatto scalpore il caso di Lina Joy, una donna malay che non riesce a ottenere il riconoscimento legale della sua conversione al cristianesimo. Lo scorso 30 maggio la Corte d'appello federale ha rimesso la decisione sul caso alla Corte islamica. Il massimo responsabile dei giudici malesi ha così spiegato la sentenza: «Abbandonare l'islam non è proibito, solo che va fatto con modalità e procedure precise, stabilite dalla sharia. Non è appropriato dire che Lina Joy non è sotto la giurisdizione del tribunale islamico perché non professa più l'islam, (in quanto) anche il modo con cui si lascia la religione è stabilito dalla religione stessa». Insomma, per cambiare religione un malese non può appellarsi alla Costituzione che garantisce la libertà di coscienza: deve chiedere il permesso al tribunale sciaraitico. Che, com'è noto, è molto generoso nei confronti degli apostati.

Deposito del quesito referendario

COMUNICATO STAMPA

Depositato il questito referendario

relativo alla nuova moschea di Bologna

“La Lega Nord” – afferma Manes Bernardini, Segretario Provinciale del Carroccio – “dà il suo pieno appoggio alla Lega Antidiffamazione Cristiana che questa mattina ha depositato il quesito referendario all’ufficio protocollo del Comune di Bologna, in merito alla costruzione della nuova moschea al Caab.

La Lega Nord aderisce, dunque, all’iniziativa delle Associazioni che sostengono l’iter referendario ed invita altre associazioni e gli altri partiti politici a fare lo stesso. E’ questo, infatti” – continua Bernardini – “l’unico modo per dare voce alla cittadinanza, evitando che una decisione così importante e determinante per il futuro di Bologna e dei bolognesi venga imposta dall’alto. La Lega Nord condivide pienamente le perplessità in merito alla costruzione della nuova moschea, espresse nei giorni scorsi dalla Curia di Bologna per bocca di Don Davide Righi.

Comunichiamo inoltre” – conclude l’esponente leghista – “ che a breve verrà indetta una conferenza stampa nel corso della quale sarà presentato il dossier relativo alla perizia sui terreni, oggetto della permuta approvata dalla Giunta Comunale in data 8 maggio 2007.

Per tutti coloro che volessero più informazioni è possibile collegarsi al blog: http://legaantidiffamazionecristiana.blogspot.com”.

Bologna, 28 giugno 2007

Segreteria Provinciale

Lega Nord di Bologna

Dove non c'è libertà per i cristiani non c'è libertà per nessuno

Dove non c'è libertà per i cristiani non c'è libertà per nessuno

di Tempi

In meno di quattro anni i cristiani in Iraq sono stati annientati. Erano un milione e mezzo prima della guerra, oggi ne sono rimasti 250 mila. Un disastro analogo in Terra Santa. Erano la maggioranza della popolazione araba di Gerusalemme e Betlemme a metà del secolo scorso, oggi sono un'esigua minoranza nella Palestina che brucia in una guerra civile scatenata dal fondamentalismo islamico. Ovunque, dalla Malaysia al Marocco, intolleranza e legislazioni sempre più improntate alla sharia fanno terra bruciata della libertà religiosa. Preti uccisi o rapiti o impediti di svolgere la loro missione. Integralismo e leggi che istigano alla discriminazione degli 'infedeli' spingono verso l'obbligo del velo anche per le donne cristiane, puniscono perfino con la morte la conversione al cristianesimo, vietano la costruzione di chiese e, contro ogni principio di reciprocità, non ammettono che così come un musulmano è libero di frequentare le moschee e fare proselitismo nelle democrazie occidentali, altrettanto possano fare i cristiani nei paesi della mezzaluna. Dopo il grido di dolore lanciato da Benedetto XVI, Magdi Allam ci ha suonato la sveglia e ci ha proposto un gesto di solidarietà pubblica alla Chiesa che soffre. Ancora una volta è un uomo non di Chiesa a fare proprio l'appello del Papa per porre fine alla persecuzione dei cristiani in terre devastate da terroristi e legislazioni che violano i diritti umani. Dice il vicedirettore del Corriere della Sera: «La tragedia di cui sono vittime i cristiani in Medio Oriente ha un nome», e questo nome è «genocidio».
Popolazioni autoctone, presenti in molte aree a maggioranza musulmana già parecchi secoli prima che arrivasse l'islam, oggi rischiano di scomparire. Ma se il cristianesimo scompare non è solo l'ecumene cristiana a patirne le conseguenze. E questo Allam lo sa, innanzitutto per esperienza personale. Di ragazzo che è stato custodito e istruito, nel pieno rispetto della sua identità musulmana, nelle scuole salesiane in Egitto. Di uomo che ha poi trovato patria e una brillantissima carriera professionale in quella democratica Italia la cui civiltà cristiana l'agnostico e musulmano Allam oggi difende da nemici interni ed esterni. Dal nichilismo assassino dei terroristi e dal nichilismo gaio delle ideologie occidentali che nutrono l'odio di sé. Ma queste cose non le conosce solo Allam. Ogni musulmano sa che ovunque ci sia o ci sia stata comunità cristiana, là c'è o c'è stata libertà e possibilità di bene per tutti. Non solo. Sono noti a ogni musulmano i servigi di fraternità e carità resi dalle minoranze cristiane nelle terre del Corano. Durante i secoli e, in talune occasioni, resistendo eroicamente a guerre e dittature, i cristiani hanno costruito e ricostruito università, scuole, ospedali, orfanotrofi, centri di accoglienza per i poveri. Opere sociali da cui hanno tratto benefici innanzitutto i musulmani. Da Giakarta a Gerusalemme, da Baghdad a Rabat, la gente vi racconterebbe che nessuna crociata ha impedito che nei secoli si ricostruisse quel clima di amicizia e collaborazione che ha fatto sentire i cristiani parte integrante, se non - come in Indonesia, Libano o Iraq - élite dei popoli dell'Oriente e del sud a maggioranza musulmana.
Là dove non c'è libertà per i cristiani non c'è libertà per nessuno. È tutto questo che vogliamo ricordare, e che invitiamo i nostri lettori a ricordare, aderendo e partecipando, ci auguriamo numerosi, al manifesto e alla manifestazione del 4 luglio a Roma, ore 21, in Piazza Santi Apostoli, 'contro l'esodo e la persecuzione dei cristiani in Medio Oriente, per la libertà religiosa nel mondo'.

Donne musulmane a Brescia per Hina

dal sito del Corriere della Sera

Circa 200 in piazza per solidarietà alla ragazza pakistana uccisa
Donne musulmane a Brescia per Hina
I quattro imputati hanno chiesto il rito abbreviato: processo rinviato al 24 ottobre. L'Acmid non potrà essere parte civile

BRESCIA - Erano oltre duecento le donne italiane e non appartenenti a comunità musulmane giunte a Brescia per l’apertura del processo sull’omicidio di Hina Saleem, la 22enne pakistana uccisa dal padre a Sarezzo, nel Bersciano, per aver lasciato i costumi islamici e accolto quelli occidentali. Tra i manifestanti anche la deputata di Alleanza nazionale Daniela Santanché, la moglie di Giuliano Ferrara, Anselma Dall’Olio e l’Imam di Torino Adellah Mechnoune. Nessuna bandiera in mano ai manifestanti, ma solo uno striscione con la scritta «Io sono Hina».
PROCESSO RINVIATO AL 24 OTTOBRE - Hanno chiesto di essere giudicati tutti e quattro con il rito abbreviato, che consente lo sconto di un terzo della pena, il padre e altri tre parenti di Hina Saleem, la ragazza pachistana uccisa l'11 agosto dell'anno scorso a Sarezzo, in Val Trompia, nel bresciano. Il giudice Silvia Milesi ha pertanto rinviato il processo al 24 ottobre prossimo per la discussione nel merito.

NO A ACMID PARTE CIVILE - «In Marocco le ragazze portano pantaloni e minigonna. In Italia, all’interno di alcune comunità, siamo indietro di 10 anni», ha detto Souad Sbai, presidente di Acmid-Donna, l’associazione di donne marocchine in Italia che sta cercando di costituirsi parte civile nel processo iniziato alle 9. Il giudice per l'udienza preliminare, Silvia Milesi, ha però respinto la richiesta sollevando le grida di protesta delle molte persone assiepate all'esterno del palazzo di giustizia. Daniela Santanché ha parlato di «pagina orrenda della giustizia» e di «pessimo esempio per le future generazioni». «Qui non ha vinto Hina - ha commentato amaramente la parlamentare - , ma chi l'ha sgozzata e, in aula, ha mostrato un atteggiamento di orgogliosa rivendicazione di quel terribile gesto». Il pm Paolo Guidi si era invece detto favorevole alla costituzione di parte civile di Giuseppe Tempini, fidanzato di Hina Saleem, la ragazza pachistana uccisa nel bresciano l'anno scorso, e della Acmir, l'associazione donne musulmane presente all'udienza preliminare
DIRITTI E PAURE - Molte tonne originarie di Paesi islamici hanno voluto essere prestenti per manifestare contro la prevaricazione che alcune comunità musulmane compiono nei confronti delle donne. «Le donne musulmune in Italia i diritti li hanno, ma non sanno come farli valere perché sottomesse dai maschilisti - aggiunge Fatima Najat, 18enne in piazza con la madre marocchina alla quale il padre egiziano ha sottratto e portato in Egitto due figli -. E’ difficile perché c’è sempre la paura che porta a non fare tante cose».
L'IMAM: «VITTIMA DELL'IGNORANZA» - L'Imam Abdellah Mechnoune, venuto da Torino per assistere all'udienza preliminare, ci tiene a sottolineare che Hina è morta per colpa di fanatici integralisti. L'Islam, dunque, non c'entra nulla. L'Imam replica così anche a un gruppetto di leghisti, capeggiati dal consigliere regionale Ennio Moretti che avevano esposto fuori dal tribunale uno striscione con la scritta: «Hina vittima dell'Islam». «Hina è solo vittima dell'ignoranza di suo padre - ha replicato l'Imam - una persona chiusa caricata da altri, che ha subito gli insegnamenti di fanatici integralisti». Per far sì che drammi come questo non si ripetano l'Imam che lavora a Torino ed è anche ambasciatore di Pace UPM Onu, partecipa a numerosi incontri con i musulmani nelle scuole e nelle moschee. «Andiamo a portare questo messaggio - ha concluso - ma devo ammettere che troviamo delle difficoltà perché non sono aperte per noi tutte le moschee».
28 giugno 2007

mercoledì 27 giugno 2007

SAPEVATE CHE PRIMA DI MAOMETTO IL MONDO NON ESISTEVA?

A questo punto ci chiediamo se la città di Bologna debba
essere rasa al suolo vista la sua fondazione pre Maometto.
Il museo civico archeologico dovrà quindi essere chiuso (nel migliore dei casi) in fretta e furia dal Sig. Sindaco Cofferati per non offendere la loro sensibilità e il loro concetto di storia.

Vietato parlare di Etruschi, Romani, Liguri, Celti popolazioni inesistenti.

Cari bolognesi volete farvi cancellare non solo dai libri di storia ma anche materialmente?

fonte Lisistrata

SAPEVATE CHE PRIMA DI MAOMETTO IL MONDO NON ESISTEVA?
Pubblicato il 26/06/07 alle 17:42:24 CET da Admin

Lo sapevate che prima di Maometto il mondo non esisteva e che se non ci fossero stati gli islamici sulla terra noi saremmo ancora fra le foreste a penzolarci dagli alberi?
Ebbene se siete così ignoranti di non saperlo, sarà bene che vi informiate.
E sapete cosa dovete fare? Semplice… iscrivetevi a una delle tante scuole islamiche che stanno sorgendo come funghi in Italia e finalmente scoprirete la grande verità.

Chi è Cristoforo Colombo? Un bel signor nessuno… ma chi l’ha mai sentito….
E l’America? Mah chi può veramente dirlo…. sarà una provincia dell’Arabia Saudita…..
E Martin Lutero? Forse un venditore di stracci vissuto nella periferia di Damasco, ma nulla di veramente importante o gli islamici lo saprebbero certamente.
E il papa? E chi è il papa? E chi lo conosce?


Ora sapete di non sapere e perciò se volete conoscere la verità sul mondo iscrivetevi alla scuola islamica, ma prima informatevi bene, mica che vi inseriscano in qualche programma italiano. Ciò che veramente conta è che sia strettamente connessa con quei signori so’ tutto dell’integralismo islamico, come quelli dell’ucoii.

E così un altro dei drammi italiani è potuto andare in scena con la complicità delle anime belle della sinistra, che hanno sulla coscienza il fallimento di queste generazioni, perché da quanto si viene a sapere i casi sono solo due:
o a scuola islamica ci vanno solo le bambine, per prepararle a subire tutta la vita, le prepotenze e le prevaricazioni dei maschi islamici che faranno polpette dei loro diritti, perché l’istruzione per le femmine, secondo certi islanici è un optional di cui fare volentieri a meno, oppure i maschietti non erano presenti all’esame scolastico perché la loro “carriera” è stata stata ben predisposta per il futuro.
Quanti kamikaze ci verranno serviti belli che cotti in tavola, da questo esperimento fallimentare?

Adriana Bolchini Gaigher



All'esame dei bimbi islamici perfino Anna Frank è araba di CAMILLA MONTELLA
Orali di licenza media per i ragazzini islamici di Via Ventura e di Via Quaranta, che “riscrivono la storia senza il Papa, Colombo e Lutero”


Lo sapevate che il mais è stato portato in Europa dagli arabi? E che Anna Frank è morta in Israele? Ieri mattina i ragazzi della scuola araba di via Ventura hanno sostenuto gli esami di idoneità alle medie nell'istituto pubblico "Dino Buzzati" e si è scoperto che il mondo è molto più "arabizzato" di quello che ci si poteva immaginare.
La commissione ha interrogato una decina di alunni della scuola araba, aperta tra le polemiche lo scorso novembre, per certificare il passaggio dalla seconda alla terza media (iter obbligatorio per gli istituti privati non parificati).
Le ragazzine egiziane (tutti i candidati erano femmine tranne un maschietto) si sono presentate alla Buzzati di via Maniago (zona Lambrate) puntualissime, zainetto in spalla e velo colorato in testa. Capiscono e parlano l'italiano abbastanza bene, ma nelle materie del programma basato sui nostri libri di testo ci sono stati dei problemi. …

Da Libero del 26 giugno 2007

martedì 26 giugno 2007

Cofferati - «E' giusto dare un luogo di culto»

tratto dal quotidiano "il Bologna" del 26-6-07

Moschea.
Cofferati replica alla Curia. Le lesbiche bloccano i lavori del consiglio per qualche minuto

«E' giusto dare un luogo di culto»

■ Le critiche della Curia bolognese al progetto della nuova
moschea? Infondate, secondo il sindaco Cofferati, secondo il
quale «è giusto dare a tutti la possibilità di avere un luogo di
culto». E sul problema sicurezza, uno dei punti sollevati domenica
da un articolo molto critico apparso sul supplemento
domenicale dell’’Avvenire’ (quotidiano dei vescovi), il primo
cittadino ha ribadito la soluzione del comitato di garanzia
che vigilerà, «perché l’attività rimanga di culto e non si
trasformi in altro». Critico invece il deputato di Forza Italia
Fabio Garagnani che chiede «una consultazione popolare
che la sinistra evita perché consapevole del risultato».
Religione al centro anche del consiglio comunale, dove il consigliere
Ds e presidente onorario di Arcigay Sergio Lo Giudice ha
attaccato il presidente del quartiere Santo Stefano Forlani
che aveva tolto il patrocinio alla mostra 'Recombinant women’,
bollandola di blasfemia.
«Un grave errore perché l’irriverenza nei confronti del sacro
non può essere censurata e la sua rivisitazione fa parte della
cultura contemporanea». Proprio le attiviste di ArciLesbica
hanno interrotto per pochi minuti la seduta per protesta entrando
in aula. ■

BRESCIA: GIOVEDI’ 28 GIUGNO INIZIA IL PROCESSO PER HINA SALEEM.

dal sito di Lisistrata accogliamo l'invito

BRESCIA: GIOVEDI’ 28 GIUGNO INIZIA IL PROCESSO PER HINA SALEEM.
PER DIRE NO ALLA BARBARIE: VENITE CON NOI!!!



Il 28 giugno avrà luogo a Brescia la prima udienza del processo ai responsabili dell’assassinio di Hina Saleem. Come è noto, la nostra Associazione ACMI-Donna onlus (associazione donne marocchine) si è costituita parte civile in questo processo: vogliamo giustizia per Hina e chiediamo che il suo sogno di libertà non venga dimenticato.

Il 28 giugno, dunque, l’Acmid sarà a Brescia.
Ci auguriamo che quel giorno siano presenti al nostro fianco anche molte di voi per sostenere tutte insieme compostamente e civilmente, donne immigrate e donne italiane, la memoria e il sacrificio di Hina.

A quante vorranno accompagnarci, l’Acmid mette a disposizione mezzi di trasporto gratuiti dai luoghi di residenza.

Per informazioni, contattate info: http://www.acmid-donna.it/menu.html

-28.06.2007 alle ore 8.30
TRIBUNALE DI BRESCIA – Via Moretto 78 c/o uff. gip.


Souad Sbai
http://www.acmid-donna.it/menu.html



I partecipanti di Milano e provincia si possono rivolgere direttamente a Dounia Ettaib scrivendo a questo indirizzo mail douniaettaib@yahoo.it o telefonando al numero 328/375.15.84 ove potranno confermare la propria partecipazione e ricevere informazioni dettagliate sul luogo da cui partirà il pullman per Brescia.

NOI COME O.D.D.I.I. SAREMO PRESENTI CON ALCUNI NOSTRI RAPPRESENTANTI

lunedì 25 giugno 2007

Iran, sospesa in extremis lapidazione di un’adultera

in Italia, tale atto attuato sul terreno concesso ad esempio a Bologna al centro multifunzionale islamico, sarà legale o illegale?

Iran, sospesa in extremis lapidazione di un’adultera - gio 21 giu

La donna, 43enne, ebbe un figlio undici anni fa fuori dal matrimonio. Intervento decisivo di Amnesty international
di Fausto Biloslavo

Tratto da Il Giornale del 21 giugno 2007

Si chiama Makrameh, ha 43 anni e un bambino concepito al di fuori del matrimonio. Oggi doveva venire lapidata nella piazzetta del cimitero di Takestan, a un centinaio di chilometri da Teheran, ma all’ultimo momento l’esecuzione è stata sospesa. La sua colpa è quella di aver perso la testa per Habib, di dieci anni più giovane, facendo l’amore con lui. Pure Habib doveva essere lapidato, perché secondo la sharià, la dura legge islamica, gli adulteri vanno uccisi lentamente, a colpi di pietra. La norma è ripresa dall’articolo 83 del codice penale iraniano e le fosse per i due adulteri erano già state scavate.

La doppia lapidazione è stata bloccata in extremis, grazie alla direttiva del capo dell’apparato giudiziario nazionale, l’ayatollah Mahmud Hashemi Shahrudi, che nel 2002 sospese le esecuzioni di queste sentenze. Il supplizio, però, non è stato abrogato e verdetti del genere possono continuare a essere emessi.

In questo caso il “reato” risale a 11 anni fa, quando Makrameh Ebrahimi ha avuto un bambino frutto dell’adulterio. Sembra che gli adulteri siano stati incarcerati da quel momento. La “colpa” può essere accertata sulla base di testimonianze oculari, di una confessione dell’imputato o di un’attestazione da parte di un giudice. Secondo Amnesty international, che ha chiesto all’Iran di sospendere l’esecuzione, la condanna è stata emessa sulla base di una testimonianza del giudice della prima sezione del tribunale penale di Takestan, secondo il quale la coppia ha concepito un bambino. Oggi, avrebbe dovuto essere lo stesso magistrato a scagliare la prima pietra, dando il via alla pubblica esecuzione. L’aspetto più inquietante è che l’autorità giudiziaria della provincia di Ghazvin, dove avrebbe dovuto essere eseguita la condanna a morte, aveva già invitato la cittadinanza a partecipare alla lapidazione.

Amnesty si è appellata all’ayatollah Shahrudi, la suprema autorità giudiziaria della Repubblica islamica, per bloccare la lapidazione e commutare le due condanne a morte. Il Parlamento iraniano, invece, ha firmato a stragrande maggioranza una risoluzione di condanna per il conferimento del titolo di cavaliere a Salman Rushdie deciso dalla Gran Bretagna. Lo scrittore anglo-indiano è ancora rincorso da una fatwa, che lo condanna a morte, emessa dall’ayatollah Khomeini, per avere pubblicato i “Versetti satanici”.

Conclusa la raccolta di firme per il referendum

Si ringraziano tutti i firmatari della richiesta per il referendum sulla moschea a Bologna.

Abbiamo raggiunto il quorum necessario per la presentazione del quesito referendario.

Prossimamente esso verrà depositato presso le autorità competenti.

Provvederemo a informarvi tempestivamente della sua presentazione.

Grazie a tutti.

venerdì 22 giugno 2007

ULTIMO APPUNTAMENTO PER FIRMARE PER IL REFERENDUM CONTRO LA MOSCHEA

Domenica 24-6-07 in Via Casini (Pilastro) presso il cippo dei
Carabinieri caduti, sarà possibile firmare per il quesito referendario contro la moschea


dalle 8,30 alle 12,30

Questo sarà l'ultimo appuntamento di raccolta firme.




Siete invitati caldamente a far sentire la vostra voce firmando la richiesta di referendum.

LA GRANDE PERSECUZIONE DEI CRISTIANI NEL MONDO ARABO

Una doverosa premessa e integrazione all'articolo del Dott. Magdi Allam.
Non è citato tra l'altro il grande dramma della sparizione dei cristiani di confessione ortodossa dall'attuale Turchia.
A inizi del novecento essi erano all'incirca il 30% della popolazione oggi sono praticamente scomparsi.

Lo stesso patriarca ecumenico Bartolomeo rappresenta oramai una manciata di cristiani ortodossi di rito greco in Turchia. Potremmo definirlo "il fantasma dell'Opera".

E' questa l'integrazione proposta? E' questo il nostro destino?
E' sconsolante che il grido d'allarme venga da un musulmano mentre tutti tacciono in Italia.



LA GRANDE PERSECUZIONE DEI CRISTIANI NEL MONDO ARABO

di Magdi Allam
da Corriere della Sera
data 13/6/2007



Salviamo i cristiani del Medio Oriente. Stiamo assistendo in modo pavidamente e irresponsabilmente inaccettabile alla persecuzione e all'esodo massiccio di centinaia di migliaia di cristiani che sono i veri autoctoni della regione.

Alla vigilia della conquista araba e islamica nel settimo secolo, i cristiani costituivano il 95% della popolazione della sponda meridionale e orientale del Mediterraneo. Oggi, con 12 milioni di fedeli, sono precipitati a meno del 6% e si prevede che nel 2020 si dimezzeranno ancora.
Dalla prima guerra mondiale circa 10 milioni di cristiani sono stati costretti a emigrare. Una fuga simile alla cacciata degli ebrei sefarditi che, da un milione prima della nascita dello Stato di Israele, si sono assottigliati a 5 mila. Si tratta della prova più eloquente della tragedia umana e dell'imbarbarimento civile in cui è precipitato il mondo arabo musulmano, in preda al fanatismo ideologico degli estremisti islamici e all'intolleranza religiosa delle dittature al potere.

Il caso più grave è quello che colpisce i cristiani in Iraq. Da circa un milione e mezzo prima dell'inizio della guerra scatenata da Bush il 20 marzo 2003, si sono ridotti a circa 25 mila. Un «accorato appello» per la «preoccupante situazione in Iraq» e per le «critiche condizioni in cui si trovano le comunità cristiane», era stato lanciato dal papa Benedetto XVI nel corso del suo incontro con Bush sabato scorso. Proprio ieri, in una dichiarazione raccolta da Avvenire, il vescovo ausiliare di Bagdad, monsignor Shlemon Warduni, ha alzato il tiro denunciando che anche «i cristiani non stanno facendo nulla mentre qui si muore si viene rapiti costretti a convertirsi all'islam o a pagare per ottenere protezione, a cedere le proprie figlie a dei delinquenti per evitare ritorsioni o a fuggire lasciando tutto il lavoro di una vita. Dagli Usa e dall'Europa solo silenzio». Dal canto suo il nunzio apostolico in Iraq e Giordania fino al 2006, monsignor Fernando Filoni da poco nominato sostituto Segretario di Stato del Vaticano, in un'intervista a Tracce si era detto pessimista: «Fin quando durano la guerriglia e gli attentati c'è poco da fare. Solo la pace potrà riportare la speranza». Lo scorso maggio sul sito http://iraqichristians.ne/petitionir.php era stato lanciato un vibrante appello alla comunità internazionale per porre fine alla «più feroce campagna di assassni, sequestri, esproprio di beni e case, cacciata e dispersione, liquidazione dei diritti religiosi e civili da parte di gruppi estremisti religiosi per il semplice fatto che non siamo musulmani».

Insieme all'Iraq l'altra grande tragedia dei cristiani orientali è nei territori palestinesi. All'inizio dello scorso secolo i cristiani rappresentavano un quarto della popolazione araba; nel 1948 erano il 20%; con l'avvento al potere dell'Autorità nazionale palestinese di Yasser Arafat nel 1994 si registra la fuga di tre quarti dei cristiani, vittime di persecuzioni e del drastico calo del tenore di vita. Ed è così che i cristiani, perfino nelle città sante cristiane, sono diventati minoranza. A Betlemme erano 185% della popolazione nel 1948, oggi sono solo il 12%. A Gerusalemme dal 53% della popolazione nel 1922, sono precipitati al 2%.
Quanto al Sudan si tratta di un vero e proprio genocidio, con una sanguinosa guerra civile - scatenava dai regimi islamici di Khartum - che ha provocato l'eccidio di circa un milione e mezzo di cristiani e animisti, colpevoli di non sottomettersi alla sharia, la legge coranica. Così come fu genocidio il massacro, di 1,5 milioni di cristiani armeni in Turchia, dove oggi non rimangono che circa 100 mila cristiani. Il Libano, che dal 1840 ha registrato quattro guerre intestine a sfondo confessionale, ha visto il numero dei cristiani crollare dal 55% della popolazione dall'indipendenza nel 1932, a circa il 27% odierni. Con il risultato che rispetto al milione e mezzo di cristiani residenti in Libano, ci sono circa 6 milioni di cristiani profughi dispersi nel mondo. La situazione è molto pesante anche in Egitto, dove i copti - che rappresentavano il 15-20 % della popolazione all'inizio dello scorso secolo, oggi sono soltanto circa il 6%. La repressione e le violenze contro i copti
sono esplose nel decennio di Sadat quando, alleandosi con i Fratelli Musulmani, lasciò loro mano libera nel promuovere un nefasto processo di islamizzazione forzata della società. In Siria le comunità cristiane che rappresentavano circa un quarto della popolazione all'inizio dello scorso secolo, oggi sono calate a circa il 7%.

Più in generale, in quasi tutti i paesi musulmani, dall'Algeria al Pakistan, dall'Indonesia alla Nigeria, dall'Arabia Saudita alla Somalia, i cristiani sono vittime di vessazioni e discriminazioni. E si tratta di una catastrofe per tutti: certamente per le vittime cristiane, ma anche per i musulmani che si ritrovano a essere sottomessi all'arbitrio di spietati carnefici e di tiranni che si fanno beffe della libertà religiosa. Ebbene non possiamo più continuare ad assistere inermi a queste barbarie. Ecco perché propongo di indire una manifestazione nazionale a difesa dei cristiani perseguitati in Medio Oriente e altrove nel mondo, da svolgersi a Roma e che potrebbe coincidere con il 30 giugno, la festa liturgica dei protomartiri romani. Una grande manifestazione per la vita, la dignità è la libertà dei cristiani e per il riscatto dell'insieme della nostra civiltà umana.

giovedì 21 giugno 2007

Iniziativa popolare federale in Svizzera contro la costruzione dei minareti

dal sito d'informazione cattolico internazionale DICI (www.dici.org) riportiamo il seguente articolo in lingua francese (per chi avesse difficoltà nella lettura può richiedercene una traduzione).


Suisse : Initiative populaire fédérale « contre la construction de minarets »

Résumé : Le 1er mai, un comité d’initiative formé de membres de l’Union démocratique du Centre (UDC) et de l’Union démocratique fédérale (UDF) a annoncé une campagne contre la construction de minarets en Suisse...

Le 1er mai, un comité d’initiative formé de membres de l’Union démocratique du Centre (UDC) et de l’Union démocratique fédérale (UDF) a annoncé une campagne contre la construction de minarets en Suisse. Il s’agit de réunir 100.000 signatures avant le 1er novembre 2008 pour pouvoir faire ajouter un alinéa à l’article 72 de la Constitution fédérale sur l’Eglise et l’Etat. Cet article stipule que « dans les limites de leurs compétences respectives, la Confédération et les cantons peuvent prendre des mesures propres à maintenir la paix entre les membres des diverses communautés religieuses ». L’alinéa préciserait que « la construction de minarets est interdite » en Suisse. L’Assemblée fédérale se prononcera sur la validité de l’initiative lorsque celle-ci aura abouti, a publié la Feuille fédérale du 1er mai 2007.

Ulrich Schlüer, co-président du comité d’initiative et conseiller national UDC, a publié un communiqué intitulé Minarets et muezzins : en fait une déclaration de guerre ! : « Les demandes de construction de minarets déposées par des associations musulmanes sont généralement accompagnées de l’assurance que jamais un muezzin n’appellera les fidèles à la prière du haut du minaret. C’est précisément grâce à cette garantie que de nombreuses organisations musulmanes ont reçu l’autorisation en Allemagne de construire des minarets.

Mais à peine les minarets avaient-ils été érigés que les propriétaires exigeaient – et obtenaient – l’autorisation de faire appeler un muezzin (…) au nom de la "liberté religieuse" – alors que ni le minaret, ni le muezzin n’ont un rapport direct avec la foi.

« On assiste actuellement en Allemagne à un autre développement : de plus en plus de sociétés musulmanes se disent certes prêtes à renoncer à un muezzin, mais à la condition qu’en "contrepartie" les églises chrétiennes cessent de faire sonner leurs cloches. Ce qui prouve une fois de plus, si besoin en était, l’absence de rapport entre la foi et la volonté d’imposer des minarets et des muezzins. En réalité, il s’agit d’un combat : le minaret est l’expression d’un combat pour le pouvoir politico-religieux. Tout cela n’a rien à voir avec la foi.

« (…) Si, en se référant à la liberté religieuse, on conteste les droits fondamentaux de tiers, par exemple de personnes d’une autre religion, le législateur peut intervenir par la voie démocratique et créer des bases légales qui protègent les droits fondamentaux. Ce constat est à la base de l’idée de lancer une initiative populaire visant à faire interdire les minarets en Suisse. Cette initiative est dirigée contre le minaret en tant que symbole de pouvoir politico-religieux qui est en opposition avec le principe de la tolérance religieuse. (…) Prête à être lancée, l’initiative pour l’interdiction des minarets ne vise rien d’autre qu’à préserver la liberté religieuse et la tolérance religieuse, piliers de la paix religieuse en Suisse. »

La campagne a été officiellement lancée le 3 mai. Ulrich Schlüer, co-président du comité avec Walter Wobmann (conseiller national UDC) et Christian Waber (conseiller national UDF), a précisé : « Le problème n’est pas la croyance en l’islam. Chacun a le droit d’avoir sa religion. Le problème c’est la revendication que les ordres religieux doivent être au-dessus de l’état de droit. Et cette exigence, on ne la trouve que chez les musulmans. Les minarets en sont le symbole ».

Jörg Paul Müller, professeur de droit public à l’université de Berne, a affirmé au quotidien bernois Bund du 2 mai que l’interdiction des minarets irait à l’encontre de l’article 15 de la Constitution fédérale du 18 décembre 1998, qui stipule que « Toute personne a le droit de choisir librement sa religion ainsi que de se forger ses convictions philosophiques et de les professer individuellement ou en communauté ». De même que ce principe ne pourrait être appliqué sans dénoncer la Convention européenne des droits de l’homme.

Le 3 mai, Mgr Pierre Bürcher, évêque auxiliaire de Lausanne, Genève et Fribourg et président du groupe de travail « Islam » (GTI) de la Conférence des évêques suisses (CES) s’est prononcé sur l’initiative pour interdire la construction des minarets en Suisse dans un communiqué intitulé « Minarets, oui ou non ? » : « La construction de minarets en Suisse doit-elle être défendue ou autorisée ? La question et la réponse sont plus complexes qu’on ne l’imagine à première vue. La peur est mauvaise conseillère et la coexistence a ses limites. Cependant, pour être bref : c’est oui, si la construction du minaret est conforme en tout point à la législation ; c’est non, si sont évidents ou sous-jacents des objectifs pouvant menacer la paix religieuse en Suisse. (…)

« Il est vain de se battre contre la construction d’un minaret tout en ignorant les activités de sa mosquée. En plus du lieu de prière, celle-ci peut abriter bibliothèque, bureau de l’imam, cafétéria, salles d’enseignement, magasins, voire boucherie. En Suisse, la légalité et le contrôle des activités d’une mosquée sont plus importants que la pertinence ou non de la construction d’un minaret. Surtout s’il doit rester insonore en ne servant pas à l’appel à la prière. Rappelons que dans de nombreux pays à majorité musulmane, les églises sont sans clocher.

« Pas de campagne contre les minarets, pas de laisser-aller sur l’organisation interne des mosquées en Suisse ! Le GTI ne s’oppose pas à la construction des minarets mais invite toutes les personnes concernées au respect des lois et à un discernement sérieux. »

Rappel : Le Groupe de travail « Islam » (GTI), créé en 2001 par la Conférence des évêques suisses (CES) a pour but de promouvoir le dialogue interreligieux dans l’esprit de Vatican II.

Le 10 mai, Ueli Maurer, président national de l’Union démocratique du Centre (UDC), s’est déclaré sceptique sur « l’interdiction des minarets en Suisse » et a souhaité que son parti décide après les élections nationales en automne de maintenir ou non l’initiative contre les minarets qu’il qualifie de « ballon d’essai ».

A sa suite, Samuel Schmid, ministre de la défense et conseiller fédéral UDC, s’est prononcé le 13 mai : « Nous ne résoudrons aucun problème de cette manière ». Et d’expliquer : « Si l’interdiction des minarets relève des prescriptions dans la construction, cela relève du droit cantonal et non de la Constitution. S’il s’agit d’une interdiction religieuse, cela entre en conflit avec la liberté de religion qui, elle, est ancrée dans la Constitution ». Il faut, cependant, a précisé le ministre de la défense, considérer le problème de l’islam en Suisse et « l’initiative comme l’expression d’une certaine inquiétude » qui est à prendre au sérieux.

Hisham Maizar, président de la Fédération d’organisations islamiques de Suisse (FOIS) et membre du Conseil suisse des religions (CSR), a déclaré le 20 mai : « La Suisse est multiculturelle et multiethnique » et « nous savons où nous vivons ». Et de préciser qu’il ne s’agit pas d’installer un muezzin pour appeler à la prière, mais un minaret qui est « l’emblème » de la mosquée. Par ailleurs, « tout musulman qui se rend à l’étranger contracte en quelque sorte un contrat avec le pays hôte, selon lequel il respecte les lois et les règlements. Il ne doit cependant pas renoncer à son identité ».

Rappel : Le Conseil suisse des religions (CSR), fondé le 15 mai 2006, se compose de personnalités dirigeantes de la Conférence des évêques suisses (CES), du Conseil de la Fédération des Églises protestantes de Suisse (FEPS), de l’Église catholique-chrétienne de Suisse, de la Fédération suisse des communautés israélites (FSCI) et des organisations islamiques de Suisse. Le Conseil veut contribuer à établir la confiance entre les communautés religieuses et à promouvoir la paix religieuse. Le Conseil des religions est actuellement présidé par le pasteur Thomas Wipf, président du Conseil de la Fédération des Églises protestantes de Suisse (FEPS).

Le 20 mai, Mgr Pierre Bürcher a répondu aux questions de Swissinfo : « Le dialogue interreligieux et interculturel est le défi majeur de ce début de 21ème siècle et, ces dernières décennies, l’Eglise catholique s’est fixé pour priorité d’établir des contacts avec les autres religions. Le pape Benoît XVI et son prédécesseur, Jean-Paul II, ont affirmé que ce dialogue est vital pour l’avenir de notre société. Au niveau politique, que ce soit en Suisse ou à l’étranger, comme en Iran et en Syrie, nous avons toujours été bien reçus par les différentes autorités. La difficulté vient d’une minuscule frange extrémiste, qui pose d’énormes problèmes mais ne représente pas le véritable Islam. (…)

« Il est essentiel de respecter l’Etat de droit qui règne en Suisse et nous ne pouvons tolérer que des lois soient remises en question par une autre façon de penser, comme la Charia. Il est vrai que les minarets représentent un symbole pour les musulmans mais, comme ce n’est pas la partie la plus importante d’une mosquée, il ne faudrait pas se fixer là-dessus. Par contre, ce qui se passe à l’intérieur d’une mosquée est beaucoup plus important, parce que c’est là que le Coran est enseigné et qu’il peut y avoir des gens qui dépassent les limites. C’est dans ce lieu de culte qu’est prononcée la ’khutba’ (sermon), très souvent politisé, et que des enseignements anti-Occident, voire terroristes, peuvent y être dispensés. Les autorités savent-elles réellement ce qui s’y passe et si c’est légal ? Cela me semble beaucoup plus important que de savoir si on peut construire un minaret ou non. (…)

« Une des raisons de cette peur est que nos deux religions sont différentes et que nous manquons encore d’une certaine compréhension mutuelle. Deuxièmement, des nouveaux venus suscitent souvent un certain malaise ou même de la peur parce qu’ils peuvent apporter des déséquilibres. Mais nous devons apprendre à vivre ensemble, sinon nous allons vers de graves problèmes. »

Selon l’Institut central des archives islamiques installé à Soest (Allemagne), un peu plus de 300.000 musulmans vivent en Suisse.

(sources : CES/RSR/swissinfo/Apic/ NZZ am Sonntag/SCR)

date : 16/6/2007

mercoledì 20 giugno 2007

A BOLOGNA “DALLI AL CRISTIANO” DEV’ESSERE UNO SPORT

dal sito di Lisistrata riportiamo il commento al recente gravissimo
fatto accaduto nella nostra città.

A BOLOGNA “DALLI AL CRISTIANO” DEV’ESSERE UNO SPORT
Pubblicato il 19/06/07 alle 19:31:09 CET da Admin

Cristianesimo e religioniLA MADONNA PIANGE SPERMA - Annullata la mostra nel quartiere San Vitale, arriva denuncia per blasfemia
Il sindaco di Bologna, che sta regalando un “territorio” cittadino agli islamici, offre in cambio anche ai cattolici la loro parte, da buon sindacalista gli è chiaro il concetto di diritti, infatti offre il patrocinio affinché una rappresentazione sacra, dedicata alla Madonna, possa andare in scena in un quartiere dedicato non a una città stalinista, ma a un Santo cattolico, San Vitale, che dall’alto dei cieli bolognesi osserva sbigottito quanto sta accadendo a Bologna.

Peccato però che anziché essere una rappresentazione sacra fosse blasfema ed offensiva, basti il titolo a definire il tipo di “creatività” di questo gruppo: «La Madonna piange sperma». Così la mostra organizzata dal gruppo “Carni Scelte” associazione gay, che si è data un nome tipico da macelleria rionale, la stessa che probabilmente alberga nella loro “periferia mentale” ha sollevato un’ondata tale di polemiche, che ha toccato il settimo grado della scala Percalli.

Dal ministro Giovanna Melandri al sindaco Sergio Cofferati, fino al presidente del quartiere Carmelo Adagio e all’assessore alla cultura Angelo Guglielmi, tutti ormai piangono lacrime di coccodrillo (e non di sperma, anche se sarebbe logica conseguenza il dirlo) e si esibiscono in una retromarcia tanto fasulla, quanto tardiva prendendo le distanze e togliendo il patrocinio, prima con tanta “ingenuità” concesso.

Al contrario di loro però gli organizzatori hanno deciso di mandare in scena lo stesso la rappresentazione, rilanciando e invitando Cofferati e Guglielmi ad assistervi, per verificare con i loro occhi, che non vi è nessuna blasfemia nello spettacolo.

Sono comunque subentrate denunce alla magistratura da parte di Forza Italia e tante denunce verbali da tutte le parti, così anche Franco Grillini presidente dell’arcigay ha ammesso che quel titolo già da solo era provocatorio e lui non l’avrebbe fatto.

Se queste sono le premesse di quella parte di cittadini che a spada tratta, sostengono il diritto dei gay di sposarsi e di avere figli, dei musulmani ad onorare il proprio dio, tant’è che vorrebbero regalare loro un’intera cittadella, fingendo di non sapere che in realtà onorano un progetto politico che mira a distruggere ogni altra espressione religiosa, oltre che politica, non si disturbino a fingere sulla madre di dio, che non solo è una rappresentazione sacra, ma è l’emblema del mondo femminile e del sacrificio che nel mondo la donna porta sulle proprie spalle, lo dicano pure che la disprezzano, anche perché rappresenta una delle migliori figure della cristianità, almeno tutti sapremo con chiarezza con chi abbiamo a che fare, e allora se dimostrassero onestà intellettuale, potremmo rispettarli altrimenti non si stupiscano se al prossimo gay pride qualcuno tirerà loro dei pomodori marci, perché marce sono le idee che professano.

Adriana Bolchini Gaigher


N.D.R. - Eccovi il logo d’entrata nel sito di Carni Scelte, http://www.carniscelte.info decidete voi se San Macellaio com’è rappresentato qui, non sia già una blasfemia. Non ci vengano a rimbambire Cofferati e compagni, sapevano benissimo con chi avevano a che fare, le barzellette le raccontino agli ebeti che li seguono pedissequamente senza la minima critica.


lunedì 18 giugno 2007

Articoli e argomenti

Chiunque desiderasse segnalare eventi o temi di cui si voglia dar notizia/approfondire o aver delucidazioni (limitatamente alle nostre fonti) e attinenti con gli scopi dell'associazione è pregato di inviare una e-mail all'indirizzo

legaantidiffamazionecristiana@gmail.com

Siamo tutti cristiani in terra islamica

segnalazione ricevuta da www.ilmascellaro.it

Siamo tutti cristiani in terra islamica
mar 12 giu




«Da egiziano liberale e musulmano dico che questo paese non progredirà se continuerà a escludere il 65 per cento dei cittadini, cioè le donne e i copti». Parla Tarek Heggy
di Valentina Colombo

Tratto da TEMPI del 7 giugno 2007

Il rigurgito antidemocratico che in maniera più o meno sotterranea coinvolge ormai tutto il Medio Oriente porta con sé una conseguenza drammatica: dall'Iraq all'Egitto, le condizioni delle minoranze religiose, in particolare cristiane, peggiorano di giorno in giorno. Un dramma, quello dei non musulmani in terra islamica, che il mondo arabo preferisce non vedere.

Una delle pochissime voci che si sono alzate dalla regione per denunciare la muta tragedia appartiene a Tarek Heggy, intellettuale islamice e liberale molto popolare nel mondo arabo. Di recente ha pubblicato un articolo intitolato "Se fossi copto" che ha suscitato le reazioni più diverse, in Egitto e non solo.

Professor Heggy, quali sono le ragioni di questa pericolosa tendenza intollerante?
Ci sono tre ragioni principali. La prima è che l'evoluzione democratica in questa regione del mondo è abortita. La seconda è l'ondata retrograda e medievale dell'islam politico, che è il risultato dell'incontro di due derive antistoriche, quelle del movimento wahabita e quelle dei Fratelli Musulmani. Il terzo problema è l'incapacità della società di produrre leadership moderne e di qualità. Al contrario, siamo preda dell'incompetenza, dell'ignoranza e della corruzione.

Lei è musulmano, ma ha appena scritto un articolo intitolato "Se fossi copto". Perché? E che reazioni ha suscitato dentro e fuori dell'Egitto?
Un vero scrittore liberale non può fare a meno di perorare i valori della democrazia, della modernità, dei diritti umani e della donna. Perciò rivolgere una scrupolosa attenzione alle questioni delle minoranze religiose in Egitto è imperativo. Una società come quella egiziana non può avanzare sul sentiero del progresso se il 65 per cento dei suoi membri (cioè le donne più tutti i copti) non è motivato a partecipare attivamente alla modernizzazione e al suo sviluppo. Non è la prima volta che scrivo dei copti d'Egitto e non sarà l'ultima. Questa volta ho scatenato vaste reazioni dentro e fuori l'Egitto. Ma mentre molti dirigenti dello Stato ed esponenti dell'islam fanatico si sono arrabbiati per i suoi contenuti, fuori dal paese molti lo hannno approvato e in Egitto i musulmani moderati e praticamente tutti i cristiani egiziani lo hanno sostenuto. Anche molti esponenti della sinistra, che di solito per ragioni ideologiche non approvano i miei scritti, stavolta hanno apprezzato appassionatamente il mio articolo.

Nell'articolo propone di cancellare la menzione dell'affiliazione religiosa nella carta d'identità. È un problema che colpisce soprattutto la comunità bahai, i cui membri non hanno a disposizione un'iscrizione specifica, ma nemmeno possono sottrarsi al dovere di indicare una confessione religiosa. Cosa farebbe "se fosse un bahai"?
Ho sempre militato per la cancellazione della menzione dell'affiliazione religiosa non solo dalla carta d'identità, ma da tutti i documenti ufficiali e ufficiosi, e continuerò a farlo anche in futuro. Non c'è nessuna buona ragione per mantenerla, mentre è vero che spiana la strada a reazioni e atteggiamenti fanatici e discriminatori. Se io fossi un bahai, lotterei con tutti i mezzi legittimi per eliminare completamente dai documenti ogni riferimento alla mia religione. In qualunque definizione civilizzata, la religione è questione personale al cento per cento.

Pensa che l'abolizione dell'articolo 2 dalla Costituzione egiziana - che definisce la sharia fonte esclusiva del diritto - sarebbe di qualche aiuto?
È un dovere imprescindibile abolirlo. Anche se già prima che esistesse quell'articolo, quando nel 1948 fu redatto il codice civile, il Parlamento egiziano aveva fatto in modo che nessun articolo di tale codice fosse in contraddizione con la sharia islamica.

In Occidente gran parte dell'opinione pubblica e dei governi è convinta che i Fratelli Musulmani dovrebbero essere autorizzati a prendere parte ai processi politici del Medio Oriente, dal momento che sono considerati "moderati". Cosa ne pensa?
Nessuno ha il diritto di escludere un qualsiasi movimento politico dalla vita politica. Ma aprire i cancelli indiscriminatamente sarebbe un errore tanto grande quanto quello di proibire ai Fratelli Musulmani di partecipare ai processi politici. Credo che il governo, la società civile e gli intellettuali egiziani debbano aiutare i Fratelli Musulmani a evolvere da movimento religioso a movimento politico legalmente riconosciuto, che si conforma alle regole democratiche e che non mira a distruggerle. I Fratelli Musulmani non dovrebbero essere ammessi ai processi politici fino a quando non prendano le distanze dalla corrente wahabita e da quella che si rifà a Sayyd Qutb (il progenitore dell'estremismo islamico egiziano, ndr).

Lei è appena rientrato da Oxford, dove ha tenuto una serie di conferenze nella stessa università in cui insegna Tariq Ramadan. La infastidisce la coincidenza? Cosa consiglia all'Europa che continua a invitarlo?
Il mio consiglio all'Europa è di rivedere quella triste fase della sua storia nella quale ha gestito in modo drammaticamente sbagliato la questione della presenza sul suo territorio di leader islamisti. I quali non hanno mai esitato ad accoltellare i paesi che hanno offerto loro un esilio dorato. Definire Tariq Ramadan un pensatore è stata una farsa. Lui è solo e soltanto il nipote di Hassan al Banna, il fondatore dei Fratelli Musulmani.

Cosa pensa della diffusione dell'islam politico in Europa? Come si può fermare?
I sistemi legali non sono eterni né di origine divina. Perciò auspico vivamente che l'Unione Europea lanci una revisione globale delle legislazioni che hanno permesso a questo cancro di esistere ed espandersi.

E’ PARTITO L’ITER PER IL QUESITO REFERENDARIO A BOLOGNA

ringraziamo il sito Lisistrata del puntuale resoconto della serata (www.lisistrata.com) che vi riproponiamo in attesa di potervi mettere a disposizione il video della serata.

E’ PARTITO L’ITER PER IL QUESITO REFERENDARIO A BOLOGNA
Pubblicato il 18/06/07 alle 04:13:32 CET da Admin



Nonostante la manifestazione sia stata boicottata dalla stampa e dalle TV, è stato già al primo incontro raggiunto il quorum di adesioni necessarie a avviare l’iter della raccolta firme affinché il quesito referendario sulla costruzione del nuovo centro islamico, che nei disegni degli islamici e di Cofferati dovrebbe andare ad occupare un’area vastissima di oltre 52.000 metri quadri, di cui più sotto nell'articolo vedrete la planimetria.





L’amministrazione della Città di Bologna, nella persona del sindaco ex sindacalista Cofferati, con un colpo gobbo e senza aver seguito le procedure legali e il rispetto delle regole democratiche, ha stipulato una serie di accordi con i rappresentanti dell’U.C.O.I.I. –alla faccia della concertazione che ha sempre imposto a tutti quando faceva il sindacalista d’assalto- in relazione al progetto della costruzione di un gigantesco centro islamico, nel quale non esisterà solo una moschea, ma tutta una serie di attività legate alla vita della comunità islamica che andranno dalla scuola che viene fatta partire dall’asilo fino all’università, le attività culturali e ludiche, come sport, musica, cinema, gli ambulatori medici, gli ospedali, i centri di ricerca e persino macellerie halal e centri commerciali.
Di fatto una città nella città, creando un separatismo inaccettabile fra i cittadini italiani e gli islamici che con la scusa della religione avranno la possibilità di sottrarsi a tutti i controlli e le regole che i cittadini italiani invece debbono rispettare e accettare e quello che appare ancora più grave è che la sottrazione di “legittimi poteri” alle amministrazioni italiane, genererà una vera e propria enclave islamica sul nostro territorio. Un bacino di cultura ideale per il portare a termine l’islamizzazione che i paesi integralisti hanno ormai avviato in Europa.



A Bologna giovedì 14, seguendo un copione ormai diventato penoso, oltre che noioso, un gruppuscolo di facinorosi squadristi rossi, che risponde all’esotico nome di “no global” ha stazionato fuori dalla splendida Sala dell’affresco del Barracano (realizzato nel XVI secolo), posta all’interno dell’ex tempio malatestiano, per cercare di impedire lo svolgimento della Conferenza sul tema NO ALLA MOSCHEA PERCHE’… .
Grazie alla forze di polizia presenti, Il prepotente e arrogante gruppuscolo si è potuto esprimere solo entro i limiti di una delle poche varianti dell’armamentario in possesso di questi “bravi ragazzi anti globalizzazione” che si sono esibiti in una performance degna delle peggiori bettole di porto, che conteneva offese e volgarità irripetibili all’indirizzo dell’organizzazione e del pubblico, che lasciamo indovinare ai lettori nel libero utilizzo della loro fantasia.

E’ ammirevole la foga con la quale questi pittoreschi personaggi da sottobosco politico si mobilitano contro il diritto di manifestazione altrui, evidentemente nella loro totale ignoranza del concetto e della realtà della democrazia e dei diritti dei loro stessi concittadini, verso cui dimostrano il disprezzo assoluto, ogni volta, dopo aver baciato l’immaginetta del Che Guevara (icona pacifista della sinistra più becera) si gettano spesso armati di spranghe e mazze sui generis, nella mischia con il ruolo dei “castigamatti” quasi fosse un loro preciso compito istituzionale o avessero ricevuto tale incarico da “mandato divino”.










Comunque, a parte la sequela di improperi distribuiti a piene mani e polmoni all’indirizzo di tutti coloro che avevano l’ardire di varcare la soglia del Palazzo, (e lo hanno fatto proprio in molti, come avete visto dalle foto qua sopra) per partecipare alla conferenza ed aderire al quesito referendario non è successo altro e la manifestazione è stata un vero successo, che però è stato reso possibile grazie all’instancabile opera divulgativa e organizzativa messa in moto e condotta fino in porto dalla signora Norma Tarozzi.

La signora Tarozzi, che non si era mai occupata di politica, si è vista costretta dai problemi emergenti creati dall’invasione degli extracomunitari e dell’islamismo prepotente e dilagante, svolgere a proprie spese e sacrificio, un’opera di contenimento e di difesa del territorio bolognese e della comunità italiana che a Bologna ormai vive imprigionata dall’aggressività di orde di barbari calati come una mannaia sulla città e che le autorità preposte si guardano bene dal difenderne i diritti, anche se le aggressioni fisiche sono ormai all’ordine del giorno.







Il presentatore e moderatore della serata Gianpiero Bagni, consigliere della Lega Nord di S. Lazzaro di Savena, ha presentato i relatori che hanno messo a disposizione del pubblico i loro interventi sugli argomenti di loro pertinenza ed ha portato i saluti del prof. Silvio Calzolari, docente di islamismo dell’Università Pontificia di Firenze, assente giustificato per esami.



Nel mio intervento, ho spiegato al pubblico il pericolo rappresentato dall’integralismo islamico, che sfortunatamente per gli italiani, i rappresentanti delle nostre istituzioni, hanno scelto come interlocutori privilegiati coloro che militano proprio in questa parte, relegando gli islamici liberali e democratici, che sono la maggioranza, ad un ruolo marginale, senza tenere conto della democrazia e soprattutto del fatto che i soggetti a cui hanno dato troppo spazio sono autoreferenziali e non sono stati investiti dalla comunità islamica, dell’incarico che stanno assumendosi, semplicemente facendo leva sulla nostra mancanza di conoscenza delle differenze che esistono nelle diverse dottrine islamiche, sì da creare una vera e propria discriminazione nei confronti di tutti gli altri islamici, oltre che nei nostri perché le concessioni che vengono loro fatte, sono tutte a nostre spese e sulla nostra pelle.

La cosa più grave però è che ciò su cui stiamo reclamando attenzione da molto tempo, è che non si tratta di timori infondati, ma esistono infinite prove documentate dai fatti tragici che hanno colpito in modo indifferenziato le comunità occidentali, partendo dai singoli casi in cui intellettuali di ogni tipo sono stati assassinati, a stragi di massa come negli attentati nelle metropolitane o alle due torri di New York o a ribellioni guidate ad arte per andare contro le ambasciate occidentali e bruciare le chiese, nonché uccidere religiosi cristiani.
Infatti, non si tratta semplicemente di esercitare il loro culto in perfetta libertà, ma si tratta di un progetto politico che vuole entrare nei sistemi democratici, servendosi degli stessi strumenti che la democrazia offre, per poter imporre la legge islamica su quella delle nazioni ospitanti, alle quali in cambio non offre nemmeno il rispetto della Costituzione.

Tale progetto infatti si serve strumentalmente della religione, poiché approfitta della buona disposizione d’animo delle popolazioni che li ospitano, impedendo qualsiasi tipo di critica e imponendo con questo sistema i propri diktat ai paesi ospitanti, che non ricevono in cambio ciò che è basilare affinché esista un dialogo vero e non chiacchiere vuote che servono soltanto per imporre un regime dittatoriale nella forma e nella sostanza: LA RECIPROCITA’ che in ogni trattativa è il GRANDE ASSENTE. E’ per questo importante considerare che sul suolo arabo, là dove si è formata la corrente religiosa fondamentalista Wahabita, a cui l’UCOII fa riferimento, è quella che ha dato origine all’integralismo islamico, confluito nel terrorismo di identica matrice. Sul suolo Arabo non esiste nulla in termini di concessioni a chicchessia di ciò che al contrario pretendono sul suolo altrui.

In Arabia è proibito persino possedere una bibbia o un vangelo, proibito riunirsi per pregare, proibito insegnare religione, proibito costruire anche solo una cappella che non sia islamica, proibito indossare una crocetta o altri simboli religiosi, anche se piccoli e non esibiti con l’arroganza con la quale qua da noi esibiscono il chador, proibito alle donne da ovunque provengano di indossare abiti che non siano il niqab integrale, proibito loro anche semplicemente il guidare l’automobile, proibito per gli stranieri acquistare un pezzetto di terreno anche solo per farci un orto, proibito bere alcolici, mangiare carne di maiale, insomma qua pretendono tutto ciò che agli altri proibiscono sul “Sacro Suolo Arabo”.
Ritengo che quando gli islamici saranno pronti per comprendere e rispettare la democrazia, potranno comprarsi tutto il terreno che vorranno, ora non si può permetterlo, perché il loro scopo non è quello di integrarsi, ma di fagocitarci.



E’ poi intervenuto S.E.Dom. Marcello Cristofani della Magione – fondatore della Lega Anti-Diffamazione Cristiana, che ha fatto il punto della situazione fra le differenze esistenti fra la religione cristiana e quella musulmana, ricordando il martirio dei cristiani nei paesi fondamentalisti, così come l’ultimo rapimento di padre Bossi, che non ha smosso le coscienze degli italiani così come le avevano smosse i rapimenti dei giornalisti di testate schierate notoriamente a sinistra, per i quali nulla è stato lasciato intentato, ma padre Bossi ha il grande demerito di fare del bene, di salvare vite umane e di non fare a sua volta opera di terrorismo ideologico o anche soltanto di lavorare per organizzazioni che fiancheggiano la sinistra italiana.
S.E.Dom. Marcello Cristofani, ha invitato tutti i presenti a difendere le radici culturali e cristiane che hanno originato l’Italia e gli italiani così come sono oggi invitandoli a combattere, con tutti i mezzi leciti che la democrazia mette a loro disposizione, affinché nessun’altra cultura o religione abusi della nostra con la finalità di distruggerla e prenderne il posto.




L’on. Gianluca Pini - deputato della Lega nord, che ha toccato i temi riguardanti le implicazioni politiche della questione, ma prima si è concesso un breve inciso per spiegare il blitz del mattino, portato a termine nella Sala di Montecitorio assieme al suo gruppo, per segnare la rottura totale con il Governo a causa dell’inadempienza contrattuale, nelle trattative intavolate con la sinistra sul federalismo e brandendo il giornale La Padania con la richiesta di nuove elezioni.
L’on. Gianluca Pini ha poi proseguito nel suo intervento precisando che l’immigrazione selvaggia ha prodotto una serie di danni alla società italiana, che si vede prevaricata dei propri diritti e crescere l’insicurezza, oltre che la povertà perché l’invasione incontrollata ha portato un aggravio economico che non è stato assorbito da nessun altro, al di fuori dei cittadini che ogni giorno debbono anche combattere con l’arroganza e la prepotenza di gruppi alieni al sistema italiano, forti delle protezioni che ricevono a sinistra e dei favori che vengono loro elargiti da giunte compiacenti come quelle di Cofferati, che non si è certo dato pena di aver prodotto una mostruosità giuridica, regalando di fatto 52.000 mq. Di terreno agricolo, facendolo valutare come tale, per poi trasformarlo successivamente in terreno residenziale e regalarlo agli islamici, attraverso un escamotage truffaldino per far sembrare legittimo tale “inganno economico, sociale e culturale ai danni della città e dei cittadini di Bologna” generando uno scambio a parità di valore economico con 6.000 mq. Attualmente adibiti a moschea, che tornerebbero di proprietà della città.



Lorenzo Tomassini - consigliere comunale di Forza Italia, ha realizzato un breve intervento in qualità di ospite e di persona informata sui fatti, poiché il tradimento perpetrato contro i bolognesi dalla giunta Cofferati, è stato portato a termine fuori dagli spazi e dai percorsi istituzionali, impedendo perciò all’opposizione la minima possibilità di intervento o anche solo di dialogo, in perfetto stile soviet.
Il consigliere ha spiegato nel dettaglio alcuni dei punti più salienti, nei quali si configurano violazioni di diritti a danno, non solo dei cittadini di Bologna, ma anche della Costituzione Italiana, nel disprezzo delle regole che permettono ad un sistema complesso come la società umana di interagire nel rispetto delle leggi che prevedono la tutela dei diritti di tutti i cittadini, da qualunque nazionalità o religione provengano.
Fra le irregolarità spiccano alcuni punti critici, che non avrebbero mai dovuto essere presi in considerazione:
Valutare una zona come terreno agricolo, calcolarla in termini economici e soltanto dopo trasformarla in terreno residenziale, rappresenta un grosso danno economico alla città di Bologna
Mettere sotto la tutela dell’UCOII i nuovi immigrati spostando dentro al centro le strutture di accoglienza e gli alloggi comuni configura una violazione delle regole istituzionali. Lo Stato Italiano è stato sovrano e nessuno ha il potere giurisdizionale sul suo territorio e viola i diritti dei cittadini italiani.
Destinare un terreno così ampio di verde a zona residenziale potrebbe configurare un altro reato di alienazione del patrimonio ambientale per trasformarlo a uso improprio.
Favorire già con un contratto una serie infinita di possibilità di destinazioni delle aree interne a attività così difformi fra loro è un altro atto che non appare regolare.
Stabilire l’uso della lingua italiana fatta eccezione per la liturgia, ma anche per argomenti correlati alla fede e alla religione implicita un’altra violazione dell’obbligo a che tutte le attività siano controllabili e svolte entro il rispetto della Costituzione e delle Leggi italiane.
Definire molte delle attività e delle proprietà sotto la sfera religiosa, rappresenta più di una irregolarità in quanto toglie allo Stato italiano il potere di intervenire in caso di irregolarità e non rispetto delle leggi italiane, fra le quali il separatismo fra i sessi, che crea un danno alla popolazione islamica femminile, infatti nel testo è ripetuta più volte questa frase: “spazio destinato al culto per uomini e donne” che ammette il separatismo fra i sessi, cosa questa inaccettabile in italia per il nostro ordinamento giuridico e soprattutto per il rispetto dei diritti delle persone e della Costituzione.
E DULCIS IN FUNDI:
Stabilire una commissione di controllo costituita da 6 membri, con 3 persone scelte dagli islamici e 3 dal Comune di Bologna, è come dire che i controllati sono gli stessi controllori ed è una procedura che va contro le leggi italiane oltre che contro il buon senso.

Ora inizia la vera battaglia democratica, che servirà a difendere la democrazia, i diritti di tutti i cittadini, anche coloro che immigrati un giorno diventeranno italiani, in quanto garantisce a tutti gli stessi diritti e doveri e non discrimina, fra sessi, politica, religione, etnia o altra variante legale.
Il successo tributato dal pubblico e dall’aver raggiunto il numero che serve per avviare il referendum, ci fa sperare di aver iniziato un cammino che ci condurrà verso la giustizia e non verso l’ignominia.

Adriana Bolchini Gaigher
presidente nazionale O.D.D.I.I.
http://www.oddii.eu













Alcuni momenti della manifestazione

sabato 16 giugno 2007

Avviato l’iter per il referendum sulla moschea di Bologna.

Grande successo di partecipazione ieri sera al Convegno organizzato dalla Lega Antidiffamazione Cristiana, tenutosi al Baraccano di Bologna. Circa 300 le persone che hanno preso parte all’incontro in cui si è costituito il comitato referendario che istruirà il quesito referendario agli organi competenti del Comune di Bologna, in merito alla costruzione della nuova moschea al Caab.
“Una richiesta di partecipazione diretta che auspichiamo” – afferma Manes Bernardini, Segretario Provinciale della Lega Nord – “trovi il vaglio positivo da parte delle autorità preposte, al fine di dare la parola alla cittadinanza su questa tematica di estremo rilievo. Tale referendum dovrebbe tenersi presumibilmente entro l’estate del 2008.
La grande partecipazione a quest’incontro” – continua l’esponente del Carroccio – “è la chiara dimostrazione di come questo tema stia particolarmente a cuore ai bolognesi che hanno il diritto di essere opportunamente informati e di potersi esprimersi in merito.
Il prossimo appuntamento “ - conclude Bernardini – “ se ci sarà l’accettazione del quesito referendario, sarà la raccolta delle novemila firme necessarie per ottenere il referendum, a cui hanno dato il proprio appoggio logistico varie associazioni”.


giovedì 14 giugno 2007

NIENTE “CANALI UMANITARI” PER PADRE BOSSI, MICA È UN GIORNALISTA DI REPUBBLICA…

accogliamo l'invito del sito Lisistrata (www.lisistrata.com) a diffondere la notizia al fine di sensibilizzare il pubblico a questa vicenda.
L'articolo originale è raggiungibile premendo il seguente collegamento

NIENTE “CANALI UMANITARI” PER PADRE BOSSI,.....
Pubblicato il 13/06/07 alle 13:11:48 CET da Admin
Esteri NIENTE “CANALI UMANITARI” PER PADRE BOSSI, MICA È UN GIORNALISTA DI REPUBBLICA…
Padre Giancarlo Bossi non è un giornalista “fighetto” e di sinistra, impegnato nella “sacra” lotta contro l’Amerika. No. È un missionario, uno che salva vite e anime. Uno che, come Gesù predicò, prima di essere crocefisso, sfama gli affamati, li cura, li ascolta, li salva e li aiuta a sopravvivere in una zona dove la vita è un inferno quotidiano.

Padre Giancarlo Bossi non intervista terroristi iracheni e tagliagole talebani per “documentare” la “crudeltà” dei soldati USA, soprassedendo sulla CRUDELTA’ ben più feroce dei “resistenti”.

No, come ho detto, lui salva solo vite, ragion per cui, per il governo di questa italietta di sinistra, è un cittadino di SERIE ZETA, ed per questo che ha deciso, nel suo caso di lasciar perdere i “canali umanitari” tanto reclamizzati per Mastrogiacomo (fra l’altro Emergency là non c’è, quindi niente pubblicità per il buon Strada) e scegliere la via delle maniere forti.

In fondo nell’ipotesi più nera sgozzano un missionario cristiano. A chi può fregare? Non certo alla stampa che ha ormai archiviato il rapimento di padre Giancarlo, Né tanto meno al governo che su un dispaccio d’agenzia francese, sottolineo francese, ha fatto sapere alle autorità filippine che non si sogna neppure di pagare un riscatto. Anzi, sponsorizza una soluzione di forza, un blitz delle truppe filippine, con tutti i rischi che un’operazione del genere comporta. È vero che pagare un riscatto per liberare un ostaggio è cosa discutibile. Tuttavia non si può non ricordare che sia il governo Berlusconi che quello Prodi hanno scelto di pagare per far tornare a casa i nostri, ma soltanto quelli schierati a sinistra, per gli altri: CICCIA!!!.

I sacerdoti cattolici, evidentemente, non rientrano nella categoria dei “nostri” vanno bene solo se possono essere sfruttati per gettare fango sul Papa e sulla Chiesa. Allora si, che i giornali mettono bei titoloni e l’opinione pubblica si anima. Quando vengono rapiti, sgozzati e martirizzati mentre assolvono ad un ministero che è l’essenza del cristianesimo, non fanno notizia, non meritano i soldi delle nostre tasse per pagare il riscatto. Non come una sgrena o un mastrandrea, o le due oche giulive Pari e Torretta, strapagate dalle onlus che sanno gestire be i capitali, ma quelli della sinistra, tutti idoli di latta, di una sinistra senza più ideali, se non quello di rimanere abbarbicata al potere.

Con quest’atto ignobile questo governo ha toccato il fondo. Mi vergogno profondamente di essere italiana e di vivere in un paese dove, al di là delle chiacchiere sulla moratoria per la pena di morte, questo governo non ha NESSUN RISPETTO DELLA VITA UMANA. Molto probabilmente padre Giancarlo che ha vissuto come Cristo, farà la sua stessa fine, per lui cattolico sarà una grazia. Per chi non ha fato nulla per salvarlo sarà una vergogna, di cui pochi s’accorgeranno.
Marilena Rahe
http://orpheus.ilcannocchiale.it


Ed io mi associo alla tua vergogna Marilena e mi vergogno profondamente assieme a te e sono sicura che il nostro sentimento è condiviso da tutti quegli italiani che hanno a cuore il bene dell’Italia e hanno un senso profondo del diritto.
Ma sono anche certa che assieme a questa moltitudine dolente, ci sono molti immigrati che hanno abbracciato l’Italia come ideale e come rispetto e da giusti qual sono, non possono che condividere la nostra profonda amarezza e piangere una brava persona sacrificata dall’integralismo di ogni colore, razza, idealismo fanatico e religioso, ovunque si annidi, come quello di casa nostra, cioè L’AVANGUARDIA DEL MALE, LE QUINTE COLONNE DELLA DISTRUZIONE.

Adriana Bolchini Gaigher
direttore responsabile
presidente nazionale O.D.D.I.I. http://www.oddii.eu



LEGGI ANCHE L’ARTICOLO SUL GIORNALE: PADRE BOSSI OSTAGGIO DI SERIE C: NIENTE RISCATTO http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=185392