Islam e Cristianesimo. Una parentela impossibile
pubblicato su Ragionpolitica.it
Jacques Ellul
Islam e Cristianesimo. Una parentela impossibile
recensione di Mario Secomandi - 18 agosto 2007
Jacques Ellul, brillante intellettuale e teologo francese, morto qualche anno fa, nella sua
opera postuma Islam e cristianesimo. Una parentela impossibile ci mette in guardia dall'idea,
prevalente nel ceto intellettuale europeo, secondo cui sarebbe giunto il momento in cui la religione di
Maometto e quella di Cristo possono incontrarsi, convivere pacificamente e rapportarsi vicendevolmente
all'insegna del buonismo ideologico e del pacifismo utopistico. Le cose non stanno così. Certo, l'Europa
versa in uno stato di piena eclissi di valori, che si riverbera anche a livello culturale e politico: la morale
e l'etica sono in crisi e non si ha vera fiducia nel futuro. Da qui una sensazione di profondo
smarrimento, che si traduce anche nell'attuale vistoso calo demografico. Ci si rifiuta di attingere alle
grandi fonti storiche che sono compendiate dalla tradizione greco-romana e dalle radici
giudaico-cristiane. Di contro, l'Islam si presenta come religione in netta espansione. Ciò lo si vede dalla
sua propensione a diffondersi a macchia d'olio in terra europea, con ondate massicce di immigrati che si
stabiliscono nel Vecchio Continente in gruppi chiusi verso l'esterno ma inquietantemente coesi al proprio
interno. L'abbaglio che rischia di prendere più o meno consapevolmente l'Europa sulla scia di tale
approccio ideologico è quello di fare come gli struzzi, mettendo la testa sotto la sabbia, consentendo
alla presenza islamica in Europa di divenire sempre più consistente numericamente.
Mettiamo le mani avanti: qui non c'entrano né il razzismo né la xenofobia. E' solo la presa
d'atto della necessità di reagire alla crescita e all'espansione del movimento politico-religioso islamista
radicale, che con prepotenza ed a testa alta è davvero convinto di diventare, nel giro di pochi lustri,
maggioranza di fatto nel continente europeo, per poi, in un secondo momento, imporre a tutti i suoi
cittadini il proprio sistema totalizzante, in netta opposizione alla visione giudaico-cristiana, che
contempla come propri cardini la laicità dello Stato, la libertà, la dignità della persona umana e la
sacralità della vita.
Ma l'acume dell'analisi di Ellul non si ferma qui. E' interessante osservare come essa smonti,
pezzo dopo pezzo, i (falsi) pilastri su cui poggia quell'approccio che ritiene possibile una parentela tra
Cristianesimo ed Islam. Non è vero che «siamo tutti figli di Abramo», non è vero che abbiamo la stessa
concezione di monoteismo e non è vero che siamo accomunabili dall'essere entrambe le «religioni del
Libro»: la Bibbia ed il Corano, se confrontati, presentano così tante distonie da rendere Cristianesimo
ed Islam inconciliabili. Andiamo con ordine.
Dire che «siamo tutti figli di Abramo» di per sé non significa nulla. In base a ciò che sta scritto negli
stessi Vangeli, possiamo per converso sottolineare come non conti la comune discendenza carnale,
in quanto figlio di Abramo è invero «chi compie il bene», chi fa la volontà di Dio ed ha una fede
anche messa in pratica per il tramite delle opere. E non pare che, a tal riguardo, vi sia così tanta
compatibilità e coincidenza tra i precetti del Corano e le azioni di Abramo.
1.
Dire «tanto siamo tutti monoteisti» rappresenta una generalizzazione ipocrita ed inaccettabile.
Anzitutto tutti possono genericamente parlare di Dio o discettare di un'entità suprema che sta sopra
di noi. Il Dio cristiano e l'Allah islamico poi sono diversissimi. Mentre il Dio del Cristianesimo si fa
uomo e ama la creatura nella grazia e nella libertà per condurla alla salvezza, Allah è
assolutamente trascendente a si presenta come un «sovrano inaccessibile», che non ama, non
redime e non si mette in relazione con l'uomo donandogli un «cuore nuovo». Nell'Islam regnano il
timore e la rassegnazione, la paura e la sottomissione. Inoltre, il musulmano considera il
Cristianesimo alla stregua di religione non monoteista proprio perché quest'ultimo si basa sul
dogma della Trinità. Il fondamento della religione cristiana è difatti la figura di Gesù Cristo, che è
l'incarnazione di Dio. Per l'Islam costituisce vera e propria bestemmia ed obbrobrio il fatto che Dio
2.
RAGIONPOLITICA.it - Islam e Cristianesimo. Una parentela impossibile http://www.ragionpolitica.it/testo.8185.html
2 di 2 20/08/07 8.27
si sia fatto uomo e sia morto in croce. L'Islam è dunque religione anti-cristiana (se non proprio,
rebus sic stantibus, anticristica).
Si dice che Islam e Cristianesimo sono le «religioni del Libro». Si tratta però di due libri totalmente
diversi: il Corano è «dettato» a Maometto, la Bibbia è stata invece scritta da vari autori «ispirati»
da Dio e descrive il cammino di Dio verso l'uomo, il quale diviene destinatario di una promessa
d'amore, di libertà e di salvezza. Nel Corano prevalgono, al contrario, l'obbligo e la «costrizione
definitiva». Al Dio che soffre vicino all'uomo (Cristianesimo) si contrappone la «solitaria maestà» di
Allah.
3.
Ora, dal momento che l'Islam fondamentalista ha per prossimo obiettivo quello di divenire
superpotenza economica, militare e politica, occorre che si sappia che la dottrina e le
pratiche con cui esso regola i rapporti con i non musulmani si traducono nell'applicazione dello
stato di «dhimmitudine» per questi ultimi. Il «dhimmi» è «colui il quale vive in una società musulmana
senza essere musulmano». Dunque in tale quadro i cristiani (così come gli ebrei) sono «dhimmi». In
altri termini, ai cristiani che vivono nei Paesi islamici è concessa graziosamente una sorta di «status di
protezione», ciò che si accorda ad un cittadino considerato di serie B. Ciò reca profonda offesa sia alla
legge naturale che ai diritti dell'uomo: secondo il diritto islamico, nella società islamica il non
musulmano non gode di diritti propri per il solo fatto di esistere. C'è poi da dire che episodi di
persecuzioni, violenze, minacce, torture sono cose che sono accadute e continuano ad accadere
comunque nei Paesi islamici nei confronti dei non musulmani, nonostante suddetto «status di
protezione».
L'Islam radicale, che sta dando vita ad un movimento mondiale totalitario, ha dimostrato di
non sapersi evolvere dal punto di vista del rapporto complessivo con i non musulmani; esso
è terribilmente coerente, totale e «fisso». Questo nuovo totalitarismo consiste nel far discendere come
tasselli dal mosaico islamico la religione, la politica, il diritto, la cultura, il sociale e la morale, alla
stregua di parti del tutto. La dottrina politica islamica prevede infine il jihad, che assume i connotati non
solo di una lotta interiore di ogni buon musulmano per il miglioramento spirituale del proprio io, ma
anche della guerra santa contro i nemici, che sono gli infedeli, fra i quali spiccano ebrei e cristiani.
L'Europa si deve perciò destare dal torpore del relativismo e del nichilismo. Essa deve prendere
consapevolezza che, se non vuole soccombere, deve riappropriarsi delle armi politiche e culturali della
laicità delle istituzioni, della centralità della persona umana e della sacralità della vita, tutti elementi
portanti della nostra civiltà occidentale che hanno alla base proprio il Cristianesimo.
Mario Secomandi
Nessun commento:
Posta un commento