martedì 28 agosto 2007

Islam e Cristianesimo. Una parentela impossibile

pubblicato su Ragionpolitica.it


Jacques Ellul

Islam e Cristianesimo. Una parentela impossibile

recensione di Mario Secomandi - 18 agosto 2007

Jacques Ellul, brillante intellettuale e teologo francese, morto qualche anno fa, nella sua

opera postuma Islam e cristianesimo. Una parentela impossibile ci mette in guardia dall'idea,

prevalente nel ceto intellettuale europeo, secondo cui sarebbe giunto il momento in cui la religione di

Maometto e quella di Cristo possono incontrarsi, convivere pacificamente e rapportarsi vicendevolmente

all'insegna del buonismo ideologico e del pacifismo utopistico. Le cose non stanno così. Certo, l'Europa

versa in uno stato di piena eclissi di valori, che si riverbera anche a livello culturale e politico: la morale

e l'etica sono in crisi e non si ha vera fiducia nel futuro. Da qui una sensazione di profondo

smarrimento, che si traduce anche nell'attuale vistoso calo demografico. Ci si rifiuta di attingere alle

grandi fonti storiche che sono compendiate dalla tradizione greco-romana e dalle radici

giudaico-cristiane. Di contro, l'Islam si presenta come religione in netta espansione. Ciò lo si vede dalla

sua propensione a diffondersi a macchia d'olio in terra europea, con ondate massicce di immigrati che si

stabiliscono nel Vecchio Continente in gruppi chiusi verso l'esterno ma inquietantemente coesi al proprio

interno. L'abbaglio che rischia di prendere più o meno consapevolmente l'Europa sulla scia di tale

approccio ideologico è quello di fare come gli struzzi, mettendo la testa sotto la sabbia, consentendo

alla presenza islamica in Europa di divenire sempre più consistente numericamente.

Mettiamo le mani avanti: qui non c'entrano né il razzismo né la xenofobia. E' solo la presa

d'atto della necessità di reagire alla crescita e all'espansione del movimento politico-religioso islamista

radicale, che con prepotenza ed a testa alta è davvero convinto di diventare, nel giro di pochi lustri,

maggioranza di fatto nel continente europeo, per poi, in un secondo momento, imporre a tutti i suoi

cittadini il proprio sistema totalizzante, in netta opposizione alla visione giudaico-cristiana, che

contempla come propri cardini la laicità dello Stato, la libertà, la dignità della persona umana e la

sacralità della vita.

Ma l'acume dell'analisi di Ellul non si ferma qui. E' interessante osservare come essa smonti,

pezzo dopo pezzo, i (falsi) pilastri su cui poggia quell'approccio che ritiene possibile una parentela tra

Cristianesimo ed Islam. Non è vero che «siamo tutti figli di Abramo», non è vero che abbiamo la stessa

concezione di monoteismo e non è vero che siamo accomunabili dall'essere entrambe le «religioni del

Libro»: la Bibbia ed il Corano, se confrontati, presentano così tante distonie da rendere Cristianesimo

ed Islam inconciliabili. Andiamo con ordine.

Dire che «siamo tutti figli di Abramo» di per sé non significa nulla. In base a ciò che sta scritto negli

stessi Vangeli, possiamo per converso sottolineare come non conti la comune discendenza carnale,

in quanto figlio di Abramo è invero «chi compie il bene», chi fa la volontà di Dio ed ha una fede

anche messa in pratica per il tramite delle opere. E non pare che, a tal riguardo, vi sia così tanta

compatibilità e coincidenza tra i precetti del Corano e le azioni di Abramo.

1.

Dire «tanto siamo tutti monoteisti» rappresenta una generalizzazione ipocrita ed inaccettabile.

Anzitutto tutti possono genericamente parlare di Dio o discettare di un'entità suprema che sta sopra

di noi. Il Dio cristiano e l'Allah islamico poi sono diversissimi. Mentre il Dio del Cristianesimo si fa

uomo e ama la creatura nella grazia e nella libertà per condurla alla salvezza, Allah è

assolutamente trascendente a si presenta come un «sovrano inaccessibile», che non ama, non

redime e non si mette in relazione con l'uomo donandogli un «cuore nuovo». Nell'Islam regnano il

timore e la rassegnazione, la paura e la sottomissione. Inoltre, il musulmano considera il

Cristianesimo alla stregua di religione non monoteista proprio perché quest'ultimo si basa sul

dogma della Trinità. Il fondamento della religione cristiana è difatti la figura di Gesù Cristo, che è

l'incarnazione di Dio. Per l'Islam costituisce vera e propria bestemmia ed obbrobrio il fatto che Dio

2.

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si sia fatto uomo e sia morto in croce. L'Islam è dunque religione anti-cristiana (se non proprio,

rebus sic stantibus, anticristica).

Si dice che Islam e Cristianesimo sono le «religioni del Libro». Si tratta però di due libri totalmente

diversi: il Corano è «dettato» a Maometto, la Bibbia è stata invece scritta da vari autori «ispirati»

da Dio e descrive il cammino di Dio verso l'uomo, il quale diviene destinatario di una promessa

d'amore, di libertà e di salvezza. Nel Corano prevalgono, al contrario, l'obbligo e la «costrizione

definitiva». Al Dio che soffre vicino all'uomo (Cristianesimo) si contrappone la «solitaria maestà» di

Allah.

3.

Ora, dal momento che l'Islam fondamentalista ha per prossimo obiettivo quello di divenire

superpotenza economica, militare e politica, occorre che si sappia che la dottrina e le

pratiche con cui esso regola i rapporti con i non musulmani si traducono nell'applicazione dello

stato di «dhimmitudine» per questi ultimi. Il «dhimmi» è «colui il quale vive in una società musulmana

senza essere musulmano». Dunque in tale quadro i cristiani (così come gli ebrei) sono «dhimmi». In

altri termini, ai cristiani che vivono nei Paesi islamici è concessa graziosamente una sorta di «status di

protezione», ciò che si accorda ad un cittadino considerato di serie B. Ciò reca profonda offesa sia alla

legge naturale che ai diritti dell'uomo: secondo il diritto islamico, nella società islamica il non

musulmano non gode di diritti propri per il solo fatto di esistere. C'è poi da dire che episodi di

persecuzioni, violenze, minacce, torture sono cose che sono accadute e continuano ad accadere

comunque nei Paesi islamici nei confronti dei non musulmani, nonostante suddetto «status di

protezione».

L'Islam radicale, che sta dando vita ad un movimento mondiale totalitario, ha dimostrato di

non sapersi evolvere dal punto di vista del rapporto complessivo con i non musulmani; esso

è terribilmente coerente, totale e «fisso». Questo nuovo totalitarismo consiste nel far discendere come

tasselli dal mosaico islamico la religione, la politica, il diritto, la cultura, il sociale e la morale, alla

stregua di parti del tutto. La dottrina politica islamica prevede infine il jihad, che assume i connotati non

solo di una lotta interiore di ogni buon musulmano per il miglioramento spirituale del proprio io, ma

anche della guerra santa contro i nemici, che sono gli infedeli, fra i quali spiccano ebrei e cristiani.

L'Europa si deve perciò destare dal torpore del relativismo e del nichilismo. Essa deve prendere

consapevolezza che, se non vuole soccombere, deve riappropriarsi delle armi politiche e culturali della

laicità delle istituzioni, della centralità della persona umana e della sacralità della vita, tutti elementi

portanti della nostra civiltà occidentale che hanno alla base proprio il Cristianesimo.

Mario Secomandi

secomandi@ragionpolitica.it

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