martedì 11 settembre 2007

Padre Garuti difende i musulmani: "Razzismo puro, li avrei denunciati"

Ad oggi non abbiamo ricevuto né noi, né il gruppo dei latori della missiva al Cardinal Caffarra, alcuna risposta.

Prendiamo atto che nessun giornale ha avuto il coraggio di pubblicare tale lettera, mentre invece compaiono spazi sempre più grandi con chiarazioni offensive, contro chi cerca di difendere la fede cristiana cattolica.

pubblicato su Repubblica del 10-09-07

Padre Garuti difende i musulmani: "Razzismo puro, li avrei denunciati"

di Eleonora Capelli

Il direttore del centro San Domenico ha abbandonato il dibattito sulla moschea in San Donato. "Sono stato per 12 anni a Gerusalemme, ma questa assemblea ha superato ogni limite". "Il vero rischio per Bologna è restare isolata, non contaminarsi". "Non si può legare la professione di fede islamica alla delinquenza". "Non dialogo con loro per non legittimare la posizione di chi non rispetta l´altro"
«Se fossi stato musulmano, li avrei denunciati. C´erano gli estremi per la diffamazione». Anche se Padre Paolo Garuti, direttore del centro San Domenico, ha passato 12 anni a Gerusalemme, occupandosi da cattolico di dialogo tra religioni, le scene di protesta al circolo La Fattoria del quartiere Pilastro, dove l´assessore all´urbanistica Virginio Merola cercava due giorni fa di spiegare il progetto della nuova moschea, lo hanno portato ad allontanarsi dal tavolo.

Cosa l´ha spinta a abbandonare la discussione?
«Al di là del merito del progetto urbanistico per la nuova moschea, sul quale io non posso esprimere un parere, alcuni interventi dal pubblico sono stati davvero di tipo razzista».

Si trattava di offese?
«Si trattava di razzismo puro. Si connetteva, cioè, l´appartenenza a una "razza", o alla professione di fede islamica, ad atteggiamenti delinquenziali. Una persona di una religione diversa non può essere considerata ipso facto un delinquente. Sarebbe come dire che tutte le persone con gli occhi azzurri sono dei poco di buono».

Lei ha quindi scelto di interrompere il confronto.
«Io non intervenivo a nome della Chiesa o di qualche gruppo religioso. Ero lì a titolo personale e poiché non si possono chiudere le orecchie, ho deciso di spostarmi per non sentire più quelle cose. Ho rifiutato il dialogo perché per me sarebbe stato come discutere con qualcuno che giustifica il matricidio. Dialogare significa automaticamente legittimare la posizione».

Si aspettava di ritrovarsi in una discussione simile, in una città che si è sempre considerata aperta?
«Io sono considerato un esperto di dialogo, e so benissimo che fa parte di un malcostume democratico la presenza di un gruppo di agitatori che partecipano con l´unica finalità di far fallire la discussione. Ma non mi aspettavo la scorrettezza di non far parlare le persone, avrei voluto davvero usare la frase con cui sgrido i miei studenti all´Università».

E cioè?
«Che io preferisco si parli un imbecille alla volta».

Un musulmano si sarebbe sentito offeso?
«Io se fossi di fede islamica li avrei denunciati. C´erano gli estremi per la diffamazione, ho sentito affermazioni inammissibili».

Secondo lei qual è l´aspetto più grave di questa vicenda?
«C´è un degrado della civiltà che sta diventando pericoloso. So benissimo che le persone che mi interrompevano e assalivano l´assessore sono povera gente, ma noi dobbiamo capire che la convivenza con musulmani, cinesi e indiani è il futuro delle città».

Non ci sono i rischi sbandierati dalle tante voci critiche sulla costruzione della nuova moschea?
«L´unico rischio è che Bologna sia "salva" da questa invasione, vorrebbe dire che è una città che non vale niente. È augurabile in questo contesto essere un´isola felice? Secondo me no, perché il rischio dell´isolamento è maggiore di quello della contaminazione».

A Bologna, però, il problema della legalità in questo momento è molto sentito, almeno a partire dalla campagna contro i lavavetri del sindaco Sergio Cofferati.
«Io so che nei quadri di marginalità si inserisce la delinquenza dello sfruttamento dei bambini, delle donne e anche degli storpi. Però bisogna stare attenti a curare il male e non i sintomi. Abbiamo bisogno di favorire ondate migratorie in condizioni che non degenerino. La marginalizzazione di un intero gruppo è il modo migliore per aumentare l´illegalità ».

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