sabato 7 luglio 2007

Un italiano coraggioso

Apprendiamo con piacere, dall'agenzia VIS, che con un po' di ritardo (520 anni) la Congregazione dei Santi ha decretato il martirio e quindi la santificazione di Antonio Primaldo, il sarto che difese la sua fede e quella dei suoi concittadini a Otranto, esempio fulgido per i tanti catto-tiepidi odierni, incapaci di reagire al calpestio dei loro diritti.

Riportiamo anche una sua biografia tratta da digilander e una cronaca dei fatti a cura dell'arcidiocesi di Otranto




decreti della congregazione delle cause dei santi

CITTA' DEL VATICANO, 6 LUG. 2007 (VIS). Questa mattina il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in Udienza privata il Cardinale José Saraiva Martins, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi e, nel corso dell'Udienza, ha autorizzato la Congregazione a promulgare i Decreti riguardanti:

[omissis]

MARTIRIO

- Beati Antonio Primaldo e Compagni Laici; uccisi in odio alla Fede il 13 agosto 1480 ad Otranto (Italia).

[omissis]

CCS/DECRETI/SARAIVA VIS 070604 (400)




Beato Antonio Primaldo e Compagni martiri

Correva l'anno 1480. Maometto II, sultano dei Turchi, aveva conquistato Costantinopoli (1453), causando la caduta dell'Impero Romano d'Oriente. Poiché gli Stati europei, badando ciascuno ai propri interessi, non raccolsero l'invito di Sisto IV [voce corretta rispetto al sito] a formare una lega militare da contrapporre ai musulmani, il sultano si sentì invogliato a conquistare l'Italia meridionale. Il pascià Ghedik Ahmed esegui i suoi ordini: con una flotta di 145 navi e 18 mila uomini, assediò Otranto per mare e per terra. Ahmed intimò la resa: se la città avesse aperto le porte, gli abitanti avrebbero avuto salva la vita.

I capitani Francesco Zurlo e Giovanni Antonio de' Falconi risposero negativamente e - per dimostrare la loro decisione - gettarono simbolicamente in mare le chiavi della città. Otranto fu bombardata per dodici giorni, dalla terra e dal mare. Le porte della città resistettero, meno una porticina secondaria nella parte inferiore del castello. Qui trovarono la morte i due capitani e da qui le orde musulmane irruppero in città il 10 agosto 1480. Massacrarono tutti coloro che avevano creduto di trovar riparo nella chiesa, dal vescovo all'ultimo fedele; ridussero in schiavitù le donne giovani e trasformarono la chiesa in moschea. Catturarono 812 uomini che, alcuni giorni dopo, furono condotti sul colle della Minerva (così detto per un antico tempio pagano). Qui Ahmed impose loro di rinnegare il Cristianesimo per convertirsi all'Islam.

Antonio Pezzullo, un semplice artigiano, esortò i suoi concittadini a non cedere. E tutti furono decapitati. Il primo a posare il capo sul ceppo fu proprio Pezzullo, e perciò fu denominato "Primaldo". I resti mortali dei Martiri furono riposti in una cappella della cattedrale di Otranto - detta appunto "Cappella dei Martiri" - mentre sul colle della Minerva fu costruita la chiesa dedicata a Santa Maria dei Martiri. Il Papa Clemente VI (1478-1534) dichiarò beati coloro che avevano preferito morire piuttosto che rinnegare la propria fede. La memoria di questi Martiri ricorre il 12 agosto.

Stefan Lochner (1435 ca,)

IL GIUDIZIO FINALE

San Pietro accoglie gli eletti in Paradiso (particolare)

C. D. C.

si festeggiano il 12 agosto


I Beati Martiri di Otranto

Otranto cristiana aveva raggiunto il suo momento significativo di splendore nei secoli X-XV. Varie espressioni lo attestano: la costruzione della Cattedrale nel 1088 con il mosaico pavimentale del 1165; il fiorente monastero italo-greco di San Nicola di Casole; la vivace scuola Talmudica; una scuola pittorica molto rinomata nelle maestranze.
Tutto questo splendore venne interrotto, quasi per incanto, nel luglio del 1480 ad opera di Akmet Pascià, inviato da Maometto II per nuove conquiste ed estendere il regno di Allah in Italia ed anche in tutta l'Europa.
Avvertito dei preparativi turchi, Ferdinando d'Aragona, Re di Napoli, cercò di presidiare le coste pugliesi, tra cui Otranto. Ma il 28 luglio l'armata turca partita da Valona con 90 galee, 15 maone, 48 galeotte e 18.000 soldati, giunse a Otranto. La gravità della situazione impose di raccogliere dentro le mura uomini e viveri per resistere all'attacco. Anche il re di Napoli, prontamente informato della situazione, cercò di venire in soccorso ad Otranto, ma non riuscì ad organizzare niente di concreto per la difesa.
Otranto resistette per quindici giorni ai vari assalti dei Turchi e all'incalzare delle catapulte; i Turchi tentarono anche la scalata delle mura della città eroicamente difese dai cittadini di Otranto e da un manipolo di soldati.
Alla fine le truppe ottomane riuscirono ad aprirsi un varco nelle mura e si precipitarono urlando dentro la città. Il terreno fu ceduto palmo a palmo. I capitani Francesco Zurlo e Gianantonio Delli Falconi caddero eroicamente mentre cercavano di contenere l'attacco nemico. Ultimo rifugio per i cittadini di Otranto ormai allo stremo fu la Cattedrale, mentre i soldati uccidevano e distruggevano tutto coinvolgendo giovani e anziani.
Dentro la Cattedrale l'arcivescovo Stefano Pendinelli insieme con i sacerdoti, i frati e le religiose, confortava il popolo, prostrato e tremante, con la santa Eucaristia, cibo per il viaggio. I tentativi di resistenza furono vanificati dall'impetuosa violenza turca. Entrati nel tempio, uccisero sulla cattedra l'Arcivescovo Stefano Pendinelli insieme con sacerdoti, religiosi e altri del popolo.
L'avvicinarsi dell'esercito aragonese impedì di portare subito l'attacco a Lecce e Brindisi, ma scatenò nel Pascià il desiderio di vendetta sugli Otrantini.
Akmet Pascià radunò i superstiti dai quindici anni in su e, attraverso un interprete, fece loro la proposta: "O rinnegare la fede in Gesù Cristo, o morire di morte atroce". Ed uno di essi, tal Antonio Primaldo Pezzulla, cimatore di panni, rispose: "Scegliamo piuttosto di morire per Cristo con qualsiasi genere di morte, anzichè rinnegarlo".
E poichè uno soltanto aveva risposto, il Pascià fece interrogare gli altri su che cosa scegliessero. Ed essi subito gridarono in coro: "In nome di tutti ha risposto uno solo: siamo pronti a subire qualsiasi morte anzichè abbandonare Cristo e la fede in Lui" (dai "Commenti sull'Apocalisse" di Pietro Colonna detto il Galatino Presbitero - Cod. Vat. Lat. 5567, foll. 147-148).
Ottocento volte "no"! L'orrenda carneficina ebbe inizio sul Colle della Minerva proprio da Antonio Primaldo, decapitato per primo. Il suo tronco rimase in piedi fino alla conclusione dell'eccidio. Ci provocò la conversione del carnefice Berlabei, condannato poi all'impalazione.
Dopo tredici mesi Otranto venne riconquistata dagli Aragonesi e il 13 ottobre 1481 i corpi dei santi Martiri, trovati incorrotti, furono successivamente portati nella Cattedrale di Otranto ed alcuni anche nella Chiesa di Santa Caterina a Formiello in Napoli. Il popolo si rese conto del martirio e cominci ad invocare i Martiri con l'appellativo di Santi. Questo fatto unito ad altre esterni (richiesta di reliquie, Messa in loro memoria, festa il 14 agosto, preghiere speciali), indusse l'autorità ecclesiastica locale ad aprire il processo canonico per il riconoscimento ufficiale del culto da parte della Chiesa.
Il processo iniziato il 1539 dall'Arcivescovo di Otranto Pietro Antonio de Capua, si concluse il 14 dicembre 1771 con il decreto del Papa Clemente XIV, che dichiarava Beati i Martiri di Otranto. Attualmente la causa per la canonizzazione dei Beati Antonio Primaldo e Compagni, martiri di Otranto, ha concluso la fase diocesana. Gli atti del processo diocesano sono presso la Congregazione delle Cause dei Santi a Roma la quale, dopo gli iniziali adempimenti di ricognizione canonica ha portato a termine, con esito favorevole, la fase di studio con la "Relazione e i pareri" sulla Seduta dei Consultori Storici e la "Conclusione" del Relatore Generale del 27 ottobre 1998.

Riferir poche cose viste con i miei occhi. Espugnata Otranto, città della Provincia di Calabria, detta anche Japigia o Salentina, i Turchi, appena v'entrarono irruppero con grande violenza nella Chiesa cattedrale e uccisero numerosi tra i sacerdoti che stavano celebrando il sacrificio eucaristico. E giunti vicino all'Arcivescovo (Stefano Pendinelli) che era sulla sua cattedra episcopale vestito dei paramenti pontificali e con in mano la croce (...), uno di loro, impugnata la scimitarra, gli staccò la testa con un solo colpo. E così decapitato sulla propria cattedra, diventò martire di Cristo, nell'anno del Signore 1480, il giorno 11 di agosto.
Al terzo giorno, il comandante dell'esercito, che i Turchi chiamano "Pascià", ordinò che tutti i cristiani di sesso maschile, qualunque et essi avessero al di sopra dei quindici anni, fossero portati al suo cospetto, in una località chiamata "Campo di Minerva", distante circa un miglio dalla città, dove egli era ancora attendato.
Ed essendo stata condotta dinanzi a lui una moltitudine quasi innumerevole di cristiani, fece rivolgere loro (dall'interprete) la domanda per quale delle due scelte essi volessero optare: o rinnegare la fede in Ges Cristo, o morire di morte atroce.
Ed uno di essi, che gli era pi vicino, rispose "Scegliamo piuttosto di morire per Cristo con qualsiasi genere di morte, anzichè rinnegarlo".
E poich uno soltanto aveva risposto, il Pascià fece interrogare gli altri su che cosa scegliessero. Ed essi subito gridarono in coro: "In nome di tutti ha risposto uno solo: siamo pronti a subire qualsiasi morte anzichè abbandonare Cristo e la fede in Lui".
E si sentì un mormorio tra di loro per lo spazio di circa un'ora, mentre si esortavano a vicenda e dicevano: "Moriamo per Gesù Cristo, tutti; moriamo volentieri, per non rinnegare la sua santa fede". Allora il Pascià, stravolto dall'ira, comandò che tutti, sotto i suoi occhi, fossero passati a fil di spada.

A cura dell'Arcidiocesi di Otranto
in occasione delle celebrazioni religiose.

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